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Sentenza Ciancio: lettera aperta di Enzo Guarnera all’editore catanese

L’avvocato Enzo Guarnera, affida ai social una ‘Lettera aperta a Mario Ciancio’

Pubblicato il 28 Gennaio 2024

L’avvocato Enzo Guarnera, affida oggi (28 gennaio), ai social, una ‘Lettera aperta a Mario Ciancio’, all’indomani della sentenza di assoluzione dell’editore catanese dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

“Dottore Ciancio,

non intendo parlare della sua sentenza di assoluzione per due ragioni fondamentali: non ho mai letto il fascicolo processuale e ancora non vi sono le motivazioni che, quando verranno depositate, spero possano aiutarmi a capire. È più importante, invece, parlare del “sistema di potere” della nostra isola e della nostra città. Sistema roccioso, frutto di un perverso e storico impasto di mafia militare, ceto politico, imprenditoria, settori professionali, esponenti delle istituzioni ai vari livelli, sovente tenuti assieme dalla massoneria deviata.

Dottore Ciancio, conosco bene tale sistema che ha governato e ancora governa. Conosco i nomi di molti suoi attori, alcuni ancora ben vigili e operanti. Dottore Ciancio, per essere mafiosi non è necessario essere formalmente affiliati alle cosche, questo è ingenuo pensarlo.

Essere mafiosi vuol dire pensare e agire come la mafia, esprimere il suo modo di operare finalizzato all’arricchimento senza limiti e all’esercizio del potere sul territorio anche mediante l’uso distorto delle risorse collettive.

Significa mortificare la democrazia e ostacolare la piena consapevolezza dei cittadini. Non sembri strano, ma più della mafia che opera alla luce del sole, mi preoccupa la “cultura mafiosa” che, in modo silente, permea e inquina il cuore e la mente.

Cultura mafiosa che ha consentito il sorgere di una vasta “zona grigia” della società, composta da cittadini pavidi, indifferenti, conniventi e ossequiosi nei confronti di chi gestisce il potere, nell’attesa e nella speranza di goderne le briciole.

Cittadini, forse, è termine inesatto: meglio sudditi. Dottore Ciancio, le ho sintetizzato la descrizione di un fenomeno che merita ulteriori e ampi approfondimenti, ma non è questa la sede. Lei si chiederà perché.

Perché, dottore Ciancio, a mio giudizio lei è stato parte integrante e attore non secondario di tale sistema di potere. E il monopolio dell’informazione da lei detenuto è stato funzionale all’affermazione e al consolidamento di esso.

Come vede non amo le perifrasi e parlo chiaro, come mi è solito. Una volta, oltre 20 anni fa, ci siamo incontrati in una sala dell’aeroporto di Fiumicino e abbiamo brevemente conversato.

Ricordo una definizione che lei diede di me: “avvocato NO”! Concordo, e aggiungo che prima di avvocato sono una persona e un cittadino NO. NO a tutto quel sistema del quale lei ha fatto parte. Veda, dottore Ciancio, noi due siamo agli antipodi. Io me ne sono fatto una ragione. Le auguro una buona e lunga vita”.