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Ucraina

Dalla Sicilia in auto per salvare la famiglia in Ucraina: l’impresa di Salvo Bonaccorso

Dalla Sicilia ha raggiunto in auto il confine con l’Ungheria per soccorrere a moglie, la nuora e il nipotino. E’ la storia di amore e coraggio che ha per protagonista Salvo Bonaccorso, 52enne catanese che vive a Pedara, centro della provincia etnea.

Pubblicato il 10 Marzo, 2022

Dalla Sicilia ha raggiunto in auto il confine con l’Ungheria per soccorrere a moglie, la nuora e il nipotino. E’ la storia di amore e coraggio che ha per protagonista Salvo Bonaccorso, 52enne catanese che vive a Pedara, centro della provincia etnea.

A raccontarla è l’edizione palermitana del sito online di Repubblica.

“Ho fatto la guida turistica in giro per il Mondo – racconta – Parlo 3 lingue, ho sempre cercato di vivere la mia vita al massimo. Ma ho dovuto affrontare anche tantissime tragedie, tra cui la morte dei miei genitori, di mio fratello e di mia sorella. Mio papà è scomparso quando avevo 11 anni, mia sorella quando ne avevo 27. Eravamo una famiglia unita e speciale. Ho un cuore al 27%, sono in attesa di un trapianto e non dovrei fare alcun tipo di sforzo, ma la malattia più brutta che ho dovuto affrontare è stata la depressione. Ho un’unica consolazione però: mia mamma ha avuto la gioia di vedermi convolare a nozze con la mia Olena. Appena l’ha vista si è subito innamorata di lei, voleva vederci sposati. Ce l’ha fatta prima di morire. Ma non mi sono mai pianto addosso. Non sopporto la gente che dice sono sfortunato, c’è sempre qualcuno più sfortunato o che ha dovuto affrontare drammi peggiori”.

Ha percorso 5.000 chilometri “Ma non mi sento affatto un eroe”. Salvo è sposato da 8 anni con Olena, che fa l’infermiera pediatrica a Kiev e lui la spola tra la Sicilia e l’Ucraina. Avevano comprato una casa in Ucraina e si sarebbero dovuti trasferire a breve definitivamente. Ma la situazione è precipitata. Quando la Russia ha attaccato l’Ucraina Salvo e Olena non erano assieme. Lei era in Ucraina con il resto della famiglia, lui nella sua Pedara.

La mattina del 26 febbraio, senza pensarci troppo, ho deciso di mettermi in macchina per andare a riprendere la mia famiglia. E mi sentivo fortunato nonostante tutto – continua Salvo – Perché molti non avevano questa possibilità o non avevano una famiglia da riabbracciare. Il viaggio è stato lunghissimo, a Venezia ho pure forato una gomma e mi sono fratturato 4 costole. Mi sono riposato e sono ripartito. Ho preso mia moglie, mia nuora e il mio nipotino di 4 anni. Mio figlio è rimasto a combattere in Ucraina“.

Arrivati a Villa San Giovanni siamo stati fermati ai traghetti. Non avevamo il Green Pass. Abbiamo perso 5 ore, siamo stati schedati dai carabinieri che ci hanno accompagnati in 3 farmacie diverse. In una non facevano tamponi, in una li facevano solo su prenotazione, in un’altra solo il pomeriggio – denuncia – Abbiamo dovuto attendere Questo mentre mio nipote di 4 anni piangeva in macchina e mia moglie e mia nuora avevano nei loro occhi le immagini dei bombardamenti sulle loro teste. E con un cartellone enorme con la scritta “Vi accoglieremo tutti” e la bandiera dell’Ucraina agli imbarchi. E sempre perché non avevamo il Green Pass in un autogrill non hanno neanche permesso a mia moglie e a mia nuora di usare il bagno. Credo che in Italia ci sia tanta ipocrisia. E spesso, purtroppo, vediamo i politici impegnati in una campagna elettorale permanente sulle spalle di chi vive tragedie. Come la guerra“.

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