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TALENT SCOUT DI AUTORI: Giacomo Guantini

TALENT SCOUT DI AUTORI – Giacomo Guantini

Pubblicato il 10 Aprile, 2021

Di Gordiano Lupi

Oggi vi parlo di Giacomo Guantini, nato a Livorno nel 1974. Faccio continuare lui: “Allevato all’aperto, a metà anni novanta, durante una gara di sogni, ha perso la sensazione di agire arbitrariamente. Da allora, come prima, il suo universo si limita a una gamma di scelte date e ogni sua decisione è scremata… Estraneo a dualismi manichei, applica alla letteratura il concetto di filiera corta. Negli anni, ha pubblicato con Edizioni il Foglio La Terza Strada (2003), Elevatevi Tutti (2005), Aldo, una vita davvero (2007), Prima del Blu (2012), In Brutta (2021). Ogni mattina, quando esce per andare a lavoro, per cominciare con slancio, il cane dei vicini gli ringhia e lo vorrebbe assaggiare. La domenica no…”. La sua presentazione è già un racconto, dimostra uno stile graffiante e arguto, fatto di salaci battute livornesi inserite in storie che ricordano i migliori film di Virzì. In brutta, il suo ultimo romanzo, lo dove proprio leggere, andando poi a ricercare tutto quel ha fatto prima, un mix di narrativa esistenziale e piccoli romanzi di formazione che raccontano la provincia e gli ambienti più marginali, ricchi di personaggi assurdi e strampalati, pensati per riprodurre la livonesità all’interno della narrazione. In questa rubrica voglio presentarvi alcune prose rapide e ficcanti, umoristiche e ironiche, che ricordano la narrativa surreale di Virgilio Piñera (lo so, lo conosco solo io, ma ho passato anni a tradurre le sue opere), il teatro dell’assurdo di Ionesco e Beckett. Fatemi sapere se vi piacciono. La mia mail è ilfoglio@infol.it.  

SERGIO VEDRAI 

Sergio Vedrai, calata la temperatura di 8 euro malvolentieri e con le infiltrazioni mafiose al soffitto decise di fumare per sempre; abbandonato, trasandato, con tutti i cani sciolti sulla schiena. Era bravo nelle cause perse, Sergio Vedrai, ma la sua passione era il gioco di sguardi. Da quando soffriva di eliotropismo, dopo mezzogiorno era rivolto a ovest e questo peggiorava i suoi rapporti col prossimo, facendogli rivalutare il precedente. Un giorno, il mitico Sergio Vedrai incontrò Lei. Più precisamente, Lei Lì, d’origini orientali e quindi, per forza di cose, rivolta verso est. Lei Lì era sempre stata giovane. Guardarobiera dilettante ai gonfiabili di pomeriggio, al servizio di bimbi puzzo di piedi e pannolini saturi e mocci sconci e nasi candela e caccole e genitori distratti o isterie premature e pianti; la sera, invece, dopo ubriachi, suonava piano piano il piano in un piano piano bar. Quando lo vide, lasciò tutto questo. Fuggirono insieme fino a casa di lui, proprio accanto ai gonfiabili, davanti al piano piano bar. Per un po’ attesero che si calmassero le acque, poi Sergio Vedrai disse, «Tutto il giorno chiusi qui, poi ci puzzano gli odori». Aprì la finestra e tre piccioni, subito, morirono di sotto… Praticamente stavano in un film zitto, attaccati a pensieri espansi… Già pronti, masticati, digeriti. Anche i loro gusti erano di altri… Era più facile. Ogni tanto uno dei due si staccava da tavola e su su, sbatteva al soffitto come un palloncino d’elio e restava a galla lì come un addobbo finché l’altro, oppure l’altra, non lo tirava giù, oppure la, tirava giù. Così uscirono di casa, per non farvi più ritorno, ma furono fatti prigionieri a una Festa dell’Unità e costretti a ballare tutta la vita balli di gruppo ad un volume altissimo. A un certo punto si sono persi e non si sono più trovati. Lui girato in un modo e lei girata in quell’altro… Sempre nei balli di gruppo. Sergio Vedrai, il buon Sergio Vedrai, chissà quando, disse basta! E fuggì via. Morì di torcicollo in un campo di girasoli e lavanda in Provenza.

TEATRO CELINE

Siedo in ultima fila indefinito, defilato. Davanti ho una platea gremita di ideologi decapitati. Gentilissimi, delicatissimi. Me ne compiaccio. Penso che non avrebbero dovuto. Le teste più voluminose sono appese per i capelli al carrello delle luci sopra al palco e gocciolano dal collo generando un effetto pioggia porpora in stile anni ottanta che diverte. Le altre, in maggioranza, sono lasciate a terra con un certo studiato disordine. Qualcuna se urtata rotola seguendo l’inclinazione del pavimento fino a sbattere ai piedi del tavolato. Altre ancora colano in grembo agli intestatari legittimi. Anche la fila al bagno delle donne è composta di eleganti figure femminili prive delle loro truccate acconciate e acconce estremità superiori. Le tengono recise sottobraccio, con grazia, tipo pochette di Gucci. Loro  stanno lì per tutto il tempo. In realtà non la devono nemmeno fare, la pipì. Qualcuno ce le mette perché la fila al bagno delle donne ci si aspetta. Improvvisamente tacciono le luci in sala. Comincia lo spettacolo..

LUNEDÌ MATTINA

Piango un’ora. Ininterrottamente. Mi lavo, mi vesto, porto il bimbo a scuola, torno a casa, prendo la vespa e vado a lavoro. Prima però smetto di piangere, entro cinque minuti al bar, mi inietto un caffè per endovena e spelluzzico il giornale… È passata la legge sulla legittima difesa a prescindere, quella che prevede anche la vendita di armi ai minorenni; anche quella che vieta l’aborto, il divorzio e il sesso anale in qualsiasi ordine uno li pensi; hanno riaperto le case chiuse; reintrodotto il militare obbligatorio e indiscriminato ma al posto delle scuole superiori; riattivata la censura e istituito un indice dei libri proibiti che le forze dell’ordine provvederanno sistematicamente a bruciare nelle pubbliche piazze. Tutto ciò  mentre alla camera si sta discutendo la  proposta di ripristinare la santa inquisizione e la caccia alle streghe, nei periodi previsti dal calendario venatorio…

Do un’occhiata all’oroscopo.. ma quelle sono stronzate.

STUDI DI SETTORE

…e alle sette vanno in posti alla moda, a bere pochissimo in bicchieroni strapieni di ghiaccio. Anime asciutte, elusive, camicie un po’ aperte, polo con super colletti tenuti rigorosamente su. Niente a che vedere col vecchio coccodrillino triste che faceva molto informatore medico scientifico in ferie o bancario in relax. Ricordo che li odiavo. Gente in gamba. Lavoratori. Che idiota …

Qualcuno ci giocava a tennis, col coccodrillino, sulla terra rossa, con racchette pese di legno e una sobria eleganza, lontana da eccessivi egocentrismi e versi orgasmici improbabili. Ero un bimbo. Era tutto in teoria.Invece ora eccomi qui. Un coglione. Per me in cielo ci sono gli uccelli. In mare i pesci. Non me ne intendo una sega. Vado meglio con gli animali terrestri. Distinguo un gatto da un cane. Insetti e piante, non ne parliamo…

Della vita mi attrae la copertina, le figure,  qualche riga. Se ‘’è una parola difficile guardo su Google. Afferro appena il discorso ma mi sfugge il senso profondo. Però faccio finta e, per ora, ci cascano.

LOUIS ARMSTRONG

Era un posto di classe. Uno di quelli dove è vietato sputare sul pavimento. La mia donna era visibilmente inadatta ma una volta fatta la pipì nell’aiuola davanti  all’ingresso si comportò da vera signora. Pur non avendo prenotato mi trovarono subito un tavolo. Il migliore. Lontano da occhi indiscreti. Ci divertivano le foto alle pareti di avventori avvinazzati in pullover su sfondi in perlinato abete, i quadri bidimensionali con improbabili fagiani e sproporzioni medievali e che la cameriera per una sorta di eccesso di zelo ci portasse in tavola il formaggio grattugiato ogni volta che veniva per qualcosa. Ci vedevano come due screanzati solo perché vivevamo sulle note di  honeysuckel rose. Non ci siamo scelti ma solo incontrati bighellonando in strada. Ci arrangiavamo come brani da camera e in camera ci sbranavamo.  A fine serata tutto il formaggio del locale era nostro…

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