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Taranto, torna l’ipotesi rigassificatore? Ecco dove sarebbe collocato

Pubblicato il 8 Marzo, 2022

È quindi necessario il sostegno della produzione nazionale di biocarburanti attraverso l’economia circolare e la costruzione massiccia dell’impianto che tanto sta facendo parlare di sé in questo momento: il rigassificatore

La Commissione bilancio e programmazione della Regione Puglia, presieduta da Fabiano Amati, quest’oggi ha affrontato l’argomento in riferimento alle possibilità tecniche localizzative di terminali di GNL e impianti di rigassificazione nelle aree portuali esistenti nella costa del mar Ionio e Adriatico meridionaleOvvero a Taranto e Brindisi.

Il presidente Amati nell’introdurre i lavori ha specificato che il motivo dell’audizione nella Commissione programmazione è derivata in conseguenza della dichiarazione del presidente del Consiglio Mario Draghi alle Camere, per riferire del conflitto Russia-Ucraina, al fine di conseguire una maggiora autonomia energetica dell’Europa quale movente alla pace.

Il punto di vista tecnico è stato espresso dai due presidenti delle autorità di sistema portuale del mar Ionio e Adriatico meridionale, Ugo Patroni Griffi per i porti di Brindisi, Monopoli, Bari e Manfredonia e Sergio Prete per Taranto: questi porti sono adatti per ospitare un rigassificatore.

rigassificatore
Rigassificatore

Il prof. Patroni Griffi ha ribadito che la crisi dei Balcani ha dimostrato quanto sia opportuno cercare di differenziare le fonti di approvvigionamento, considerato che per il 45% del fabbisogno energetico del Paese dipendiamo dalla Russia, mentre è ridotta al 2% la produzione interna. E che è quindi necessario il sostegno della produzione nazionale di biocarburanti attraverso l’economia circolare e la costruzione massiccia dell’impianto che tanto sta facendo parlare di sé in questo momento: il rigassificatore

Ha evidenziato che è tornata in auge l’opportunità offerta dai rigassificatori, la cui presenza si attesta nel nord dell’Italia in un numero pari a tre impianti e di diversa tipologia. A Ravenna è presente un impianto onshore e gli altri due di tipo offshore a Livorno e Rovigo. Questi ultimi hanno le caratteristiche di una piattaforma galleggiante.

Un quarto modello sarebbero le navi rigassificatrici, che trasportano e rigassificano, ma che hanno bisogno solo di una condotta al largo. Sono molti i porti italiani che si sono candidati per ospitare questi impianti e garantiscono un buon livello occupazionale di manodopera locale.

La Puglia sarebbe una regione che avrebbe la disponibilità ad ospitare gli impianti offshore, dove il gas arriverebbe già liquido e verrebbe rigassificato e rimesso poi nel metanodotto. Pertanto, tutti i porti potrebbero essere candidati perché si tratterebbe di una condotta da collegare al metanodotto. Meno plausibili sarebbero invece gli impianti onshore che risultano essere sostenibili solo se sono prossimi al porto o prossimi alla tubatura dove è già avvenuta la rigassificazione del prodotto.

Il progetto del rigassificatore

Di una serie di opzioni di produzioni energetiche con attenzione alle rinnovabili e carburanti alternativi, ha parlato il presidente dell’autorità portuale ionica Sergio Prete, il quale ha anche detto che sul GNL c’è un forte interesse a dotarsi da parte di molti porti italiani, su cui si sta lavorando, perché esistono già navi alimentate con gas. Si sta verificando la fattibilità di iniziare con piccoli impianti retroportuali. Per ciò che riguarda il porto di Taranto, altro discorso sarebbe per i rigassificatori, in virtù del fatto che Taranto ha avuto già una proposta nel 2008, che però ha visto la bocciatura del progetto alla luce del nuovo impulso dato al porto.

Il presidente Prete ha confermato che l’autorità portuale di Taranto è coinvolta da una strategia regionale per l’impianto offshore eolico che metterà in rete un certo numero di megawatt per lo sviluppo di capacità produttiva da fonti rinnovabili. I progetti nel porto di Taranto vedono la realizzazione di una stazione di servizio utilizzando le condotte esistenti per poter rifornire i camion e i mezzi che lavorano all’interno del porto e piccole imbarcazioni. Sulla fornitura alle navi ancora il ragionamento è embrionale, ma si è propensi a creare impianti da fonti rinnovabili all’interno del porto.

Cosa prevedeva il vecchio progetto del rigassificatore nel porto di Taranto

Il pronunciamento interlocutorio negativo in merito alla compatibilità ambientale del progetto la realizzazione di un Terminale di Ricezione e Rigassificazione di Gas Naturale Liquefatto (GNL), o rigassificatore, fu emanato dalla Commissione Tecnica di Verifica dell’Impatto Ambientale VIA/VAS del ministero dell’Ambiente il 12 gennaio del 2011.

Il progetto del rigassificatore, presentato nel 2004 dalla gasNatural Internacional SDG SA, soggetto proponente dell’opera, è una società del Gruppo gasNatural SDG SA., prevede la realizzazione di un Terminale di Ricezione e Rigassificazione di Gas Naturale Liquefatto (GNL), con capacità produttiva di gas naturale (GN) pari a 8,0 miliardi di Sm3 all’annoL’investimento necessario per la realizzazione del progetto era stimato in 439.250.000 di euro. Ovviamente la stima era basata su costi di mercato riferiti al quarto trimestre 2005, considerando che la realizzazione dell’impianto avvenga istantaneamente, con un’attendibilità del 20%.

Il rigassificatore, secondo i dati di progetto la massima capacità di rigassificazione dell’impianto sarebbe stata di 8 miliardi Sm3 di GN all’anno (Standard Metro Cubo in sigla Sm3 o Smc è l’unità di misura standard per individuare la quantità di gas presente, in condizioni standard di pressione e temperatura all’interno di un metro cubo di materia prima: si tratta di uno degli indici più importanti per la misurazione del gas naturale impiegato con finalità energetica), corrispondenti a un volume di 13.040.000 m3 di GNL all’anno per un’operatività di 310 giorni.

Come ipotesi cautelativa, considerando l’utilizzo per l’80% dei casi di metaniere di stazza grossa (ossia con capacità di 140.000 m3) e per il 20% dei casi d metaniere di stazza media (ossia con capacità di 75.000 m3) si sarebbero avute (13.040.000×0,8)/140.000 = 75 operazioni con navi di stazza grossa (13.040.000×0,2 e 35 operazioni con navi di stazza media ossia 110 operazioni anno per una media di 2 metaniere alla settimana. Poiché il progetto faceva riferimento alla tipica portata di scarico di GNL da una metaniera che all’epoca era di 12.000 m3/h, le operazioni di scarico avevano una durata media, a secondo del volume di GNL stoccato, di circa 12-15 ore.

Le opere a mare prevedevano essenzialmente un pontile su pali avente una lunghezza di circa 600 metri che avrebbero collegato le strutture di ormeggio e scarico delle navi metaniere con gli impianti a terra. Il pontile, attrezzato con una strada carrabile ed una banchina pedonale, avrebbe sostenuto le tubazioni di scarico del GNL ed altre tubazioni di servizio. Le strutture di scarico ed ormeggio delle navi metaniere erano previste su uno sviluppo di tre differenti piani, a quota +6,50 m, +12,50 m e +16,50 m s.l.m.. 

Elementi contrassegnanti le strutture a mare erano: la sala di controllo, in prossimità della piattaforma di scarico poste all’estremità della banchina ed una struttura verticale che nasconderà la candela di scarico. Le opere a mare che avrebbero impattato maggiormente sul paesaggio sono la piattaforma di scarico con relative briccole di accosto ed ormeggio e la candela di scarico.

Per quanto concerneva le opere a terra, ciò che caratterizzava maggiormente l’installazione impiantistica riguardava la presenza di una coppia di serbatoi cilindrici criogenici ad asse verticale, completamente fuori terra, destinati allo stoccaggio temporaneo del GNL. Ogni serbatoio, di raggio esterno pari a circa 40 metri, capacità geometrica pari a circa 150.000 m3, avrebbe avuto uno sviluppo per un’altezza totale di circa 50 metri. Alle spalle dei serbatoi, lato terra, erano previsti blocchi impiantistici costituiti dai sistemi di compressione, dai condensatori di boil-off, dalle pompe di alimento vaporizzatori e dal sistema di vaporizzatori

Procedendo verso il confine interno dell’impianto del rigassificatore di ricezione a terra si sarebbero osservate, oltre ad opere afferenti i sistemi per la presa e lo scarico dell’acqua a mare, le strutture di sostegno delle tubazioni, le cabine elettriche con sottostazione, gli edifici magazzino/officina e stazione pompieri, il blocco uffici/sala controllo e la portineria. Di tali strutture quella che impattava maggiormente era il sistema di stoccaggio temporaneo costituito dai due serbatoi.

La costruzione del rigassificatore era prevista tra “Punta Rondinella” (Sud/Est) e la località “Pino Solitario” (Nord/Ovest) a circa 2 km da Taranto, ovvero l’area “ex-Belleli” a sud del V sporgente. Nella zona immediatamente antistante all’area in esame sarebbe stato necessario realizzare un consolidamento del fronte mare mediante colmata (circa 0,5 ha – 35.000 m3). Inoltre, per consentire l‘attracco delle metaniere era previsto un dragaggio dell’area interessata (per volumi intorno ai 4.450.000 m3).

Durante la fase realizzativa si stimava l’impiego di una forza lavoro media (per l’intero periodo) di circa 600 unità, con un “picco” di impegno nel periodo centrale di costruzione e con personale che, ad esclusione di una ridotta percentuale di “trasferisti”, prevalentemente di provenienza locale. In fase di esercizio, per l’intero terminale si stimarono opportunità di occupazione locale nella misura di circa 80 unità di profilo professionale medio-alto con impiego di personale di provenienza locale, nonché di 350-400 unità stimate come possibile indotto.

Come funziona un rigassificatore – FONTE

I perché dei tanti ‘no’ al rigassificatore del ministero dell’Ambiente

Il progetto, in sede di valutazione ministeriale, incontrò una serie di criticità.

La prima fu che la società proponente non presentò alcuna alternativa di progetto e neppure fornì gli elementi idonei alla valutazione della così detta “Opzione zero “. In assenza dell‘opzione zero, infatti, non è in ogni caso possibile esprimere una valutazione favorevole, poiché un elemento decisivo dello Studio di Impatto Ambientale veniva omesso. L’opzione zero è obbligatoria per legge, e prevede la possibilità e l’eventuale scelta, prevista dalla legge (Testo Unico Ambientale), di non fare un’opera, in quanto ritenuta troppo impattante al momento della Valutazione Ambientale Strategica, che spesso non viene nemmeno avviata. 

Le stesse considerazioni valsero a proposito delle alternative di progetto: il sito prescelto per il rigassificatore è incuneato in una zona industriale densamente utilizzata, e le manovre di avvicinamento alla banchina sarebbero state lunghe e complesse, le circa 100 navi metaniere/anno necessarie al funzionamento del rigassificatore avrebbero dovuto percorrere circa 3 km all’interno dell’area portuale, già densamente sfruttata all’epoca (riconfigurando il rischio navale). Rispetto alla localizzazione si sarebbe potuto prevedere – secondo la valutazione del ministero ed a titolo puramente semplificativo – l‘alternativa della localizzazione off shore. Che è l’opzione su cui si starebbe ragionando adesso

Contestazioni furono avanzate anche sul SIA (Studio Impatto Ambientale), che risultava inadeguato rispetto al Regolamento Regionale 21 maggio 2008 con cui fu emanato il Piano Regionale della Qualità dell’Aria (PRQA) della Regione Puglia, che peraltro ha tra le sue azioni” proprio l’obbligo di esprimere la VIA (Valutazione Impatto Ambientale) assumendo come base di riferimento i dati del PRQA (tab.6.2, pag. 156, “Misure di risanamento per il comparto industriale”).

Il quadro di riferimento programmatico era inoltre carente sotto il profilo della individuazione della “domanda” di Gas Naturale, poiché non forniva elementi utili al fine di stabilire l’effettiva necessità dell’impianto rigassificatore, considerando la domanda di GN nel breve, medio e lungo periodo ed ipotizzando la messa in funzione di tutti gli impianti già autorizzati dal Ministero, inclusi i gasdotti di importazione del GN. Tale valutazione avrebbe dovuto tenere debitamente conto delle diverse utilizzazioni del GN e della relativa domanda sottostante.

All’epoca, undici anni fa, il ministero sottolineava come “appare superfluo ribadire in questa sede che per esprimere un giudizio positivo le alterazioni conseguenti alla realizzazione dell’intervento debbono ritenersi “accettabili” alla stregua di un giudizio comparativo, che tenga conto della necessità di salvaguardare preminenti valori ambientali. rispetto all’interesse pubblico all’esecuzione dell’opera (Cons. St. Sez. I 2004/ 1 e 129/2006). Questo interesse pubbliconel caso in esame, deve riguardare le necessità del Paese – dimostrate incontrovertibilmente – di disporre del GN trattato dall’impianto”. Probabilmente oggi, stante la stretta attualità, le considerazioni potrebbero essere diverse e oggi non è superfluo parlare di rigassificatore.

Da un punto di vista programmatico, il progetto del terminal di rigassificazione GNL prevedeva che la rotta di accesso per le gasiere previste fosse da nord-ovest, ma tale decisione non appariva concordata con l’Autorità Portuale e non era stata valutata la fattibilità tecnico-funzionale di soluzioni alternative a quella proposta.

Inoltre, al di là di una serie di mancanze documentali sui vari piani della Regione Puglia (urbanistica, territoriale, trasporto), veniva contestato alla società proponente l’assenza del vincolo archeologico sull’area, ma tale affermazione non era tuttavia supportata da uno studio archeologico su cui si potevano riscontrare elementi utili a confermare tale affermazione.

Né dalla documentazione analizzata emergeva con chiarezza il parere dell’Autorità Portuale di Taranto in merito all’inserimento del rigassificatore nella zona prevista. Così come relativamente al Quadro di riferimento progettuale riguardo il rigassificatore, venivano tralasciate le motivazioni di alcune soluzioni sceltei sistemi di stoccaggio dei rifiuti adottato; i sistemi di trattamento degli effluenti liquidi; i sistemi di abbattimento delle emissioni.

Grandi criticità emersero sul materiale dragatonon venendo specificato la destinazione finale dello stessoné le possibili alternative nel caso in cui materiali dragati non siano riutilizzabili in situ. Oltre al fatto che le analisi analitiche effettuate su alcuni campioni prelevati, presentavano concentrazioni di cromo totale superiori a quelle previste della normativa, con l’inevitabile trasformazione dei fanghi in rifiuti.

Con riferimento generale al piano di sicurezza del rigassificatore, e relativi scenari di rischio, si rappresentava la necessità di includere e valutare anche quelli legati all’eventualità di maremoto ed inondazione costiera, che non vennero tenuti in considerazione.

Relativamente al quadro di riferimento ambientale Aria, la documentazione non riportava la stima delle emissioni di inquinanti in termini quantitativi (tonnellate annue nelle condizioni di esercizio descritte) né una valutazione della dispersione delle stesse sostanze inquinanti nell’ariaNé vi erano quantificazioni degli scarichi gassosi provenienti dalle valvole di sicurezza.

Così come veniva evidenziata nell’integrazione una indicazione circa l’adozione di una torcia che appariva contraddittoria rispetto a quanto precedentemente indicato nel SIA, che indicava la scelta progettuale della candela di scarico, eventualmente “intelligente” (ovvero in grado di funzionare da torcia all’occorrenza).

Critiche furono avanzate anche sulla documentazione in merito al piano di caratterizzazione delle acque del bacino portuale, sul non chiaro impatto termico delle acque di scarico, sulla relazione geologica in merito al rischio sismico.

Infine, alla società proponente veniva contestato di non aver presentato alcuna specifica caratterizzazione dal punto di vista della salute umana e della comunità potenzialmente coinvolta, nella situazione in cui si presentano prima dell’attuazione del progetto e nello scenario post-operam. Più specificatamente, si sarebbe dovuto procedere all’identificazione e classificazione di tutte le eventuali cause significative di rischio per la salute umana da sostanze chimiche e componenti di natura biologica, rumore e vibrazioni, connesse con l’opera del rigassificatore.

Tra le tematiche che sono potenzialmente critiche (ad eccezione dei rischi di incidente rilevante) per le comunità circostanti l’area di interesse “si rilevano ed andrebbero opportunamente vagliate e pesate sulla base delle comunità insistenti nell’area: emissioni in atmosfera durante la costruzione dell’opera ed in fase di esercizio, produzione di rifiuti durante la costruzione del rigassificatore, scarichi di acque in fase di costruzione ed in fase di esercizio, rumore e vibrazioni in particolare durante la fase di cantiere” si leggeva nel parere del ministero dell’Ambiente.

Innanzitutto, è doveroso ricordare come sulla possibilità di installare un rigassificatore nella rada del porto di Taranto, vi fu una forte opposizione da parte del Comitato contro il rigassificatore Taranto. Eravamo agli arbori della lotta ambientale per come poi l’avremmo conosciuta negli anni a venire in particolare sulla questione Ilva e riguardava una piccolissima parte di cittadinanza.

Certamente già all’epoca veniva segnalata l’esigenza di una transizione energetico-produttiva in un futuro poi non così troppo lontano. E che questa dovesse avvenire, oggi come allora, attraverso un maggiore uso del gas. Detto ciò, appare quanto meno problematica l’idea di installare a Taranto un rigassificatore, anche a fronte di studi di fattibilità e di compatibilità ambientale che dessero responso positivo.

Così come non si può non tenere conto del fatto che i tanti progetti intorno e nel porto, presenti e futuri, si legano ad un futuro di logistica retroportualeun’implementazione del traffico merci, oltre all’accoglienza dei turisti delle navi crocieraDirettrici che vanno in una direzione opposta a quella di un nuovo insediamento di tipo industriale. Senza dimenticare come ancora oggi l’80% dell’economia dello stesso si regga ancora sul binomio Eni-ex Ilva.

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