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Terremoto L’Aquila, sentenza choc. Risarcimento decurtato per concorso di colpa: “Le vittime incaute, dovevano scappare”

Pubblicato il 12 Ottobre, 2022

Farà molto discutere la sentenza del tribunale civile de L’Aquila, che ha accolto solo parzialmente la richiesta di risarcimento dei familiari delle vittime per il crollo del palazzo di via Campo di Fossa nel terribile terremoto che colpì il capoluogo abruzzese il 6 aprile del 2009.

In quell’edificio di 6 piani morirono 29 persone che, secondo il tribunale, furono incaute nel non scappare dopo le prime scosse e quindi a loro è stata attribuito un concorso di colpa.

Terremoto L’Aquila: “Colpa delle vittime, dovevamo scappare”

Il giudice Monica Croci, come riporta Today, ha condannato il costruttore dell’edificio, i suoi eredi e i ministeri delle Infrastrutture e dell’Interno a risarcire le vittime, ma solo di una parte.

Secondo la sentenza il 40% è da attribuire agli eredi; il 30% delle colpe è da attribuire rispettivamente al Ministero dell’Interno e delle Infrastrutture (15% a testa) per le omissioni di Genio Civile e Prefettura.

La colpa del restante 30% è clamorosamente attribuita proprio alle vittime del terremoto poiché secondo il giudice: “è fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime, costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile”.

In sostanza secondo il giudice una parte della colpa è da attribuire alle vittime stesse che, dopo le prime scosse, avrebbero dovuto abbandonare le loro case e rifugiarsi altrove.

La rabbia dei parenti delle vittime: “Una vergogna infinita, non c’era allarme. Faremo ricorso”

La sentenza del tribunale ha lasciato sbigottiti i parenti delle vittime e tra le più combattive c’è Maria Grazia Piccinini, avvocato di Lanciano e anche madre di Ilaria Rambaldi, studentessa universitaria di Ingegneria morta sotto le macerie dopo il crollo del palazzo in via Campo di fossa.

“Una sentenza assurda – tuona la Piccinini – a voler esser buoni. Scopro, dopo aver atteso 14 anni, che a L’Aquila erano tutti aspiranti suicidi. Una vergogna infinita attribuire le colpe alle vittime, perché significa non conoscere la storia di quel sisma e gli eventi che hanno preceduto il disastro”.

L’avvocato prova quindi lei a dare una breve ricostruzione di quella maledetta notte: “Questa è una ricostruzione fantasiosa, con concetti precostituiti. Erano le 3:32, dove dove stare mia figlia se non a dormire? A L’Aquila dopo le prime scosse tutti sono rientrati a casa. Non c’era allarme e neanche un campo dove rifugiarsi, non c’era nulla. Dove sarebbe dovuta andare mia figlia? Inaudito, ma faremo ricorso”.

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