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Treviso-Venezia, esperimento Istituto Universitario Salesiano per far apprendere l’italiano ai bambini stranieri

Pubblicato il 12 Luglio, 2021

A Treviso il focus sulle diverse competenze linguistiche prima e dopo la sperimentazione di dispositivi utilizzati a scuola e a casa. Un secondo studio in corso nel bellunese riflette sulla relazione scuola- famiglia e comunità in tempi di Covid19 per promuovere l’inclusione

12.7.2021 – I progressi legati alle competenze linguistiche sui bambini di origine straniera affiancati dai loro coetanei italofoni sono quattro volte maggiori rispetto a quelli ottenuti con il «metodo tradizionale di insegnamento». Sono queste le prime elaborazioni dei dati del progetto RICE svolto a Treviso, ovvero della «Rete Internazionale delle Città dell’Educazione» (RICE), nella sua prima esperienza in Italia che ha visto coinvolto anche lo IUSVE, l’istituto universitario salesiano di Venezia e Verona.


Ad occuparsene è stato un gruppo di ricercatori dello IUSVE guidati dal Responsabile dell’Area di Psicologia, Davide Marchioro che si sono chiesti se fosse possibile facilitare l’apprendimento della seconda lingua nei bambini tramite un percorso di co-educazione.  

«I risultati sono evidenti – spiega Marchioro -nel gruppo sperimentale (ovvero quello in cui è stato utilizzato il modello di co-educazione) i progressi legati alle competenze linguistiche oggetto del monitoraggio (lessico, fluenza verbale e semantica, prosodia, ecc.) erano 4 volte più veloci per i bambini di origine straniera rispetto ad un metodo standard. Ciò denota la necessità di investire maggiormente in attività di questo tipo, giacché potrebbero rivelarsi determinanti per favorire il processo di integrazione».

Un altro campo di indagine, disegnato sempre nel quadro del progetto RICE svolto da IUSVE nei territori bellunesi e guidato dalla docente Anna Pileri Responsabile della Ricerca e delle Reti Internazionali del Dipartimento di Psicologia ha analizzato come sia cambiato il rapporto scuola- famiglia in tempi di Covid19. «Progettare insieme richiede un ribaltamento di prospettiva culturale da parte di chi educa e di chi insegna; occorre abdicare al ruolo di protagonismo e alle dis-alleanze scuola famiglia». 

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