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Usa e Gran Bretagna attaccano gli Houthi: le navi militari italiane non coinvolte nell’operazione (VIDEO)

Pubblicato il 12 Gennaio 2024

Gli Usa e la Gran Bretagna hanno lanciato attacchi contro postazioni Houthi in Yemen dopo che i miliziani hanno sfidato il monito a non proseguire i loro raid nel Mar Rosso.

Coinvolti anche altri Paesi alleati degli Usa, tra cui Paesi Bassi, Australia, Canada e Bahrein, che dovrebbero fornire logistica, intelligence e altro supporto.

Gli attacchi, ha riferito un dirigente Usa alla Cnn, sono stati condotti in particolare con aerei da combattimento e missili Tomahawk. E la Gran Bretagna ha diffuso un video che testimonia quel che sta succedendo.

Oltre una dozzina di obiettivi Houthi sono stati colpiti da missili lanciati da cielo, terra e mare (con il sottomarino Uss Florida) e sono stati scelti per indebolire la capacità degli Houthi di attaccare le navi nel Mar Rosso. Tra questi sistemi radar, depositi e siti di lancio di droni, missili balistici e missili da crociera. 

Che cosa farà l’Italia dopo il massiccio contrattacco contro i ribelli yemeniti Houthi che da dicembre bersagliano i mercantili che vanno e vengono nello stretto di Bab el-Mandeb? Dopo che almeno 30 navi di varia nazionalità sono diventate il bersaglio di droni e missili che gli Houthi ricevono dall’Iran, era diventata solo una questione di tempo: gli Stati Uniti e i loro alleati (ma anche la Cina, ad esempio) non possono permettere che si “strozzi” almeno il 30% del traffico mercantile mondiale, petrolio compreso, ovvero almeno 20mila navi l’anno.

Ma dell’operazione Prosperity Freedom lanciata dagli Usa il 19 dicembre 2023 contro gli Houthi non fa parte anche l’Italia? No, e nemmeno la Francia e la Spagna. Eppure navi della marina militare italiana, attualmente le fregate Martinengo e Fasan, incrociano nella zona del Golfo di Aden e nel versante occidentale del Mare Arabico. Ma quei vascelli bene armati e bene equipaggiati sono schierati nell’ambito di un’altra operazione internazionale in corso dal 2008, l’operazione Atalanta, contro la piaga della pirateria in particolare somala.

E se continuasse l’escalation bellica nel Mar Rosso e dintorni i circa 400 marinai italiani imbarcati sulle due fregate potrebbero essere coinvolti direttamente in questi raid i attacco agli Houthi? 

No, almeno non è che ciò sia prevedibile al momento.

In dicembre si era rivelata un’improvvisazione l’inserimento dell’Italia (e della Francia e della Spagna) nell’operazione Prosperity Guardian, forse dovuta alla concitazione causata dagli attacchi degli Houthi, che avevavno persino tirato missili sul lontano Israele (oltre 1.500 chilometri), e alla situazione innescata appunto dalla decima guerra fra israeliani e palestinesi.

Allora come oggi l’Italia, pur ribadendo il massimo sostegno agli alleati americani, non aderisce all’operazione. Lo conferma anche oggi, con le basi Houthi ancora fumanti per gli attacchi americani,  vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani: «Siamo stati informati dagli Stati Uniti parecchie ore in anticipo dell’attacco di questa notte contro gli Houthi in Yemen, ma l’Italia non ha partecipato a questo attacco perché non possiamo mettere in atto azioni di guerra senza un dibattito in Parlamento. Viene confermato il sostegno politico dell’Italia a questa azione che è di difesa del traffico marittimo internazionale attraverso la sottiscrizione di un documento a favore della libertà di navigazione», ha ricordato Tajani, aggiungendo che «ci battiamo politicamente per la libera circolazione marittima». 

La posizione storica dell’Italia

Oltre alla questione dei dibattito in Parlamento, ci sono storiche questioni di opportunità e di consenso che guidano anche le scelte di Francia e Spagna. Partecipare direttamente a questi raid contro gli Houthi espone a rappresaglia prima di tutto nei confronti del traffico mercantile italiano nella zona che vale ben il 40% del traffico italiano e poi il fatto di attaccare in prima persona in prima persona i ribelli yemeniti, feroci avversari di Israele, fa passare nel ruolo di sostenitore di Tel Aviv. Non che l’Italia non lo sia, ma non a livello degli Stati Uniti. Un posizione netta dell’Italia in Medio Oriente è del resto difficile da rintracciare nei decenni scorsi e, per ora, anche nel Mar Rosso, si va avanti così. 

L’operazione Atalanta: perché è chiamata così

Resta la partecipazione concreta e non secondaria dell’Italia all’operazione Ue Navfor Somalia – operazione Atalanta che dal 2008 ha ottenuto buoni risultati soprattutto in chive di deterrenza, interpretando le risoluzioni Onu con cui si affrontò finalmente la piaga della pirateria nelle acque che bagnano il Conro d’Africa e che sono solcate anche da navi che portano aiuti umanitari a popolazioni afraicane finanziati dalle Nazioni Unite. Vi partecipano, oltre all’Italia,  Germania, Belgio,  Bulgaria,  Croazia, Spagna, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Serbia, Svezia e Portogallo.

Ma perché è stato scelto il nome Atalanta? Nella mitologia greca è il nome della “invitta” ninfa figlia di Iasio che venne superata nella corsa solo da Ippomene che la voleva in moglie e che riuscì a batterla con l’aiuto della dea Afrodite grazie allo strategemma dei tre pomi d’oro. Ippomene lascia cadere sul percorso quei tre pomi e Atalanta rallenta per raccoglierli.  

Le campagnie mercantili fanno rotta verso il Capo

Intanto numerose compagnie di trasporto marittimo, Msc, Ap Moller-Maersk, Cma Cgm, Hapag Lloyd, hanno preferito far cambiare rotta alle loro navi i cui equipaggi si dovranno ora sobbarcare il viaggio lunghissimo che prevede di doppiare il capo di Buona Speranza in Sud Africa. Decisione adottata anche dal colosso petrolifero Bp. Ogni mese almeno 2mila, solo contando le navi di grande stazza, attraversano il Canale di Suez e ora molte di esse dovranno aggiungere dalle due alle tre settimane di navigazioni per fare il periplo dell’Africa. Un costo enorme se si pensa al carburante, al costo del personale e delle polizze assicurative. Senza dimenticare quelli legati ai ritardi nella circolazione delle merci nei mercati di destnazione 

Le navi italiane schierate nel Mar Arabico

Una seconda fregata italiana è stata schierata nel Mar Rosso. Si tratta della Nave Federico Martinengo, che si è unita alla ITS Virginio Fasan in sostegno all’operazione Atalanta. A riportare la notizia è il sito itamilradar

La nave Federico Martinengo

La nave Federico Martinengo (F596) è la settima Unità Fremm italiana e la terza in configurazione GP, “General Purpose”. L’Unità, costruita nello stabilimento Fincantieri di Riva Trigoso, è stata varata il nel febbraio del 2017 e successivamente trasportata allo stabilimento del Muggiano (La Spezia) per il completamento dell’allestimento e le prove di collaudo.

Equipaggiamento

Il programma di cooperazione internazionale Italo-Francese  Fremm prevede, per l’Italia, l’acquisizione di 10 fregate multi-missione (6 di tipo “General Purpose” caratterizzate da elevata flessibilità di impiego operativo e di 4 di tipo antisommergibile – caratterizzate da maggiori capacità in tale particolare forma di impiego operativo). Entrambe le versioni dispongono di una forte capacità di difesa antiaerea ed antinave, e possono impiegare elicotteri SH90/EH101. La versione ASW dispone di un sonar rimorchiabile e tubi lancia siluri.

Le regole di ingaggio

l’Operazione Atalanta può contare su Unità navali e velivoli dislocati in area per la sorveglianza ed il riconoscimento di attività sospette riconducibili al fenomeno della pirateria. Il personale militare coinvolto nell’Operazione può trattenere e trasferire persone sospettate di aver commesso o che ha commesso atti di pirateria o di rapina e sequestrare le imbarcazioni appartenenti ai pirati, nonché le armi e le attrezzature ritrovate a bordo.

La strategia

Le persone sospette di aver commesso atti di pirateria possono essere giudicate presso lo Stato Eu che le ha catturate, dallo Stato di appartenenza della nave mercantile sequestrata, oppure, in applicazione di specifici accordi con l’Unione Europea siglati dal Kenya e dalle Seychelles, discrezionalmente dalle Autorità di tali paesi. La Forza Navale Europea opera in una zona compresa tra il Mar Rosso, il Golfo di Aden e parte dell’Oceano Indiano, Isole Seychelles incluse, che rappresenta una zona di mare che per grandezza è simile a tutto il Mar Mediterraneo.

La mappa

Nell’infografica è riportata la rotta commerciale marittima attraverso il Mar Rosso. Il segretario alla Difesa britannico, Grant Shapps, aveva lasciato intendere che una ritorsione militare contro gli Houthi «era imminente» e ha accusato l’Iran «di aiutare» il gruppo militante con sede nello Yemen «a prendere di mira le navi» nell’area.