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Veneto penultima regione in spesa sanitaria per la salute mentale

Pubblicato il 21 Febbraio, 2022

L’analisi e le proposte di Fp e Cgil del Veneto per affrontare una situazione ulteriormente peggiorata dalla pandemia

21.2.2022 – L’impatto del Covid sulla salute mentale è stato molto forte e alle persone che hanno subito, anche sotto questo aspetto, le conseguenze della pandemia vanno date risposte e sostegno.

In questi due anni di emergenza – spiega Tiberio Monari, psichiatra psicoterapeuta e membro della segretaria regionale della FP CGIL Medici e Dirigenti Sanitari – a soffrire di disturbi mentali sono stati pazienti di due generi. Quelli che già ne soffrivano e quindi persone fragili le quali, con l’arrivo del Covid, hanno visto peggiorare la loro situazione clinica, e coloro che lo sono diventati per cause legate all’emergenza sanitaria. Il Covid 19 ha fatto emergere un grosso deficit: la scarsa assistenza per i problemi di salute mentale territoriale. Assistenza che si deve occupare della prevenzione e della riabilitazione. Per curare i disturbi legati al disagio mentale bisogna intervenire sul paziente sin dai primi segnali di disagio, con dei progetti a misura d’uomo e, una volta che un paziente ha superato la fase acuta, deve avere a portata di mano professionisti e strutture in grado di fare riabilitazione coinvolgendo famiglie e scongiurando ricadute”.

Il Veneto è penultimo nel finanziamento della spesa sanitaria destinata alla salute mentale – sostengono, numeri alla mano, Sonia Todesco(segreteria Fp Cgil Veneto) e Paolo Righetti (segretario confederale Cgil Veneto) – e purtroppo, negli ultimi anni, la nostra regione ha costantemente ridotto le risorse. Le linee guida nazionali raccomandano alle regioni di investire nel settore della salute mentale il 5% del fondo sociosanitario. In Veneto, nel 2016 è stato investito il 2,9%, nel 2018 il 2,5%, nel 2019 il 2,2% e via di questo passo. Nel 2015 la spesa media italiana era di 73,8 euro ad abitante, in Veneto di 61,6 euro. Nel 2018 la spesa in Italia è cresciuta di 4,3 euro, arrivando a 78,1, mentre nel Veneto è calata di 7,5 euro, arrivando a 54,1 euro. La situazione è ulteriormente peggiorata anche negli ultimi 24 mesi, nonostante l’impennata dei casi di ansia e depressione tra i più giovani, come effetto collaterale della pandemia”.


I dati vanno nella stessa direzione anche per quanto riguarda il numero di specialisti in percentuale agli abitanti. 

Nel 2019 – sottolinea la Cgil – ogni 100.000 abitanti in Italia erano presenti 4,35 psicologi, nel Veneto 2,25; mentre i tecnici per la riabilitazione in Italia sono 0,88, in Veneto 0,46; gli Assistenti sociali sono 2,59 in Italia, nel Veneto 1,83; i Medici 11,57 in Italia, 7,50 in Veneto”.

Riteniamo indispensabile – concludono Tiberio Monari, Sonia Todesco e Paolo Righetti – una struttura organizzativa che garantisca la prevenzione, l’accoglienza e la gestione del disagio mentale; che sappia assicurare la continuità dei percorsi di cura avendo come cardini l’assistenza nel territorio di vita del paziente e l’integrazione dei servizi sanitari e sociosanitari, coordinando tra loro le diverse strutture preposte e coinvolgendo la comunità del paziente, le associazioni, il terzo settore. Su queste problematiche sollecitiamo un confronto tempestivo e approfondito tra l’Assessore regionale alla Sanità e al Sociale e le Organizzazioni sindacali, a partire da un monitoraggio aggiornato della situazione reale nelle diverse strutture e nei diversi servizi”.

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