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Vicenda Jsw: quando ci stancheremo di vedere calpestata la nostra dignità?

Pubblicato il 17 Maggio, 2022

Vicenda Jsw, ma quando ci stancheremo di vedere calpestata la nostra dignità? A Piombino Jsw annunciava un nuovo fantasmagorico progetto: 60 milioni per revamping treni; forno elettrico; “riassunzione” di 1200 lavoratori. Intanto, a quanto sembra, si lavorava però per vendere lo stabilimento, ritenuto un investimento fallimentare. La smentita del vicepresidente, ma non del magnate Jindal, è una toppa peggio del buco. Quale credibilità può avere?

In questi giorni poi, è venuto a galla anche il progetto dello smantellamento dell’Afo , in assenza di una prospettazione complessiva dell’assetto futuro delle aree e quindi anche delle modalità per le necessarie bonifiche delle stesse. Non si prendono in considerazione neanche le proposte di archeologia industriale. Non si assume personale locale. Scelte improvvisate che però ipotecano il futuro. Inoltre, considerato che la demolizione di impianti della “area a caldo” ovviamente riguarda anche i rivestimenti refrattari, ci domandiamo se ci sarà un piano di sicurezza per gestire correttamente le operazioni ad evitare possibili esposizioni dei lavoratori a polveri contenenti amianto, cristobalite (ambedue cancerogeni) e tridimite. E cio’ non solo in fase di demolizione ma anche in quelle di trasporto e conferimento dei rifiuti pericolosi. O si fara’ cassa col rottame metallico e si lasceranno in loco i cumuli di macerie di refrattario a plastica testimonianza dell’operato delle multinazionali che fin’ora abbiamo ospitato nel nostro territorio? Nel frattempo, si chiede a gran voce la megacommessa delle rotaie; un dubbio maligno: l’eventuale acquisizione della commessa rotaie potrebbe servire a Jsw per dare maggior valore al alla fabbrica, in caso di cessione? Siamo davvero al gioco delle 3 carte, in cui perdono sempre i lavoratori e la città, vince sempre la multinazionale.

Ma quale addendum all’accordo di programma? La storia di Jindal a Piombino deve terminare qui e ora. Chi continua a dargli credito si rende complice del disastro. Dunque, basta Jindal. Lo Stato riprenda lo stabilimento, al limite con un altro imprenditore credibile, ma con lo Stato in posizione di comando. Se ciò è possibile a Taranto, perché invece è un tabù a Piombino? Fra l’altro, tale presenza dello Stato aiuterebbe a impegnarlo in piano di rinascita, il quale, accanto all’acciaio pulito di qualità, preveda adeguate risorse e progetti precisi per servizi sanitari pubblici come l’ospedale; bonifiche; infrastrutture ferroviarie e stradali come la 398; portualità; diversificazione nell’agricoltura e nel turismo, per valorizzare lavoro e ambiente. Se lo Stato non sarà presente nello stabilimento, non ci sarà nemmeno per il resto . Città e fabbrica si salvano solo se procedono insieme, dentro la stessa moderna progettualità.

Servono allora i sindacati uniti, coinvolgendo i segretari nazionali di categoria e confederali di Cgil, Cisl, Ugl, Uil, Usb, per far diventare Piombino un caso nazionale, con iniziative incisive, costringendo il governo ad occuparsene. Perciò chiediamo la convocazione immediata di una assemblea unica dei lavoratori; il blocco delle portinerie, o almeno la proclamazione di 24 ore di sciopero; l’autoconvocazione al Mise dei lavoratori e dei cittadini di Piombino, per obbligare il ministro Giorgetti e il governo a far entrare lo Stato nelle acciaierie e a ragionare sul piano di rinascita del territorio.

Nel film di Totò, la “vendita” della fontana di Trevi avviene una sola volta: se nemmeno ora reagirà duramente, Piombino passerà alla storia come la città in cui ogni giorno si compra una nuova narrazione, per fantasiosa che sia.

Coordinamento Art.1-Camping CIG

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