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Volley: lo Zar rivoluzionario

Pubblicato il 2 Luglio 2023

Dai profili social di Ivan Zaytsev:

“Il mio segno zodiacale è Bilancia, ma mi sono sempre comportato come una testa d’ariete, forse anche per questo non ho mai letto un oroscopo in vita mia. Non ci credo. Ma quello in cui credo e ho sempre creduto è che far sentire la propria voce vale più di una medaglia perché in tanti non hanno mai capito che qualsiasi battaglia che ho fatto l’ho pagata a caro, carissimo prezzo e ho sempre avuto più da perderci che da guadagnarci personalmente, sia agli occhi dell’opinione pubblica che verso il movimento intero, compagni, club e federazione. Ogni volta che ho potuto, ogni volta in cui ho forzato l’argomento del professionismo sportivo, in tv, radio, carta stampata, social ero scomodo… come quando ho perso la nazionale per la “questione scarpe” ero scomodo eppure oggi nessuno indossa più le scarpe che qualcun altro decide per noi siano le migliori per fare il nostro lavoro. Scomodo anche quando tornato in Italia ho firmato il mio primo “vero” contratto a Perugia, ben più di 20 pagine, mi prendevano tutti in giro, eppure spiegatemi voi come si possa oggi pensare di scrivere un contratto di due pagine a fronte di quello che finalmente è riconosciuto come un lavoro a tutti gli effetti, e lo era pure prima quando ero l’unico. Sono stato massacrato per aver regolamentato i diritti di immagine nella pallavolo ora ditemi chi non sta usando i propri diritti d’immagine nella pallavolo, ma io perché ero da solo, sono stato attaccato con la giustificazione che “pensa più agli sponsor, al marketing, vuole solo soldi e visibilità”. No, i diritti di immagine li abbiamo tutti, nessuno può permettersi di usare la foto di Mario Rossi per promuovere quello che si vuole senza chiedere permesso a Mario Rossi, perché nelle pallavolo era così? Ero strano io o era distorto il movimento? Scomodo perché non sono una donna ma mi sono battuto per i diritti delle atlete, come congedo e maternità. Non sono più un giovane ma ero e resto convinto di dover e poter fare qualcosa ora affinché loro, gli altri, i giovani, possano veder finalmente riconosciuti i loro diritti di atleti…”

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