Pubblicato il 13 Ottobre 2021
Napoli – Dal Arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, fino ai dipendenti della Circumvesuviana, passando per un elenco infinito di attori, realtà associative e chi più ne ha più ne metta. La resistenza degli operai Whirlpool di Ponticelli è il grido feroce di un’intera città e di un’intera nazione “che resiste e lotta per essere il futuro del Paese”. Scrivono oggi, in una lettera aperta, gli operai partenopei, alla vigilia dell’ennesimo tavolo al ministero dello Sviluppo Economico, in programma nel primo pomeriggio di domani.
Da ormai tre anni l’intera città è schierata con i lavoratori, mentre tre governi continuano ad essere inerti di fronte alla scelta insensata della multinazionale dell’elettrodomestico che, il 31 ottobre 2020, ha posto i sigilli all’ingresso dell’unico stabilimento Whirlpool presente nel Mezzogiorno, senza aver dato vere spiegazioni.
Ma, ad un anno dalla chiusura della fabbrica, Napoli non ha ancora, ne tantomeno vuole, dimenticarsi di quei lavoratori che l’azienda Usa continua a rigettare dopo averli premiati, paradossalmente, per la loro “eccellenza” nella realizzazione di lavatrici di alta gamma.
Passando dalla stazione centrale di Napoli non si può difatti non notare una pettorina bianca, posta da alcuni dipendenti Eav all’interno della biglietteria della Circumvesuviana, con una scritta emblematica: ”Whirlpool, Napoli non molla”. Un messaggio, obbligatorio per i pendolari, posto da mesi sotto gli occhi di turisti e cittadini che si trovano quotidianamente a percorrere il corridoio della stazione. “E’ normale che siamo con loro, non ce neanche bisogno di chiederlo” racconta un dipendente del trasporto pubblico regionale. Piccoli segnali che, tuttavia, raccontano la vicinanza alla vertenza dell’intero capoluogo di Regione.
Come quella che ha mostrato, più e più volte, l’arcivescovo di Napoli, Don Mimmo Battaglia che persino nel giorno del suo insediamento (avvenuto lo scorso febbraio), ancor prima di recarsi in Duomo aveva scelto di visitare un’operaia del sito di via Argine, per un caffè in amicizia, senza fotografi ne giornalisti, ma semplicemente con il suo cuore.
Sono venuto in questa fabbrica a celebrare messa perché “qui Cristo continua ad essere in crocifisso” ha raccontato lo stesso Don Mimmo, nel corso della sua omelia, durante la celebrazione eucaristica tenutasi nello stabilimento di Napoli Est nel primo giorno della Settimana Santa, quella che precede la Pasqua.
“Stanno uccidendo Napoli! La sta uccidendo la camorra e il malaffare, con la violenza e la crudeltà di coloro che hanno dimenticato di essere umani!” queste le parole pronunciate dal Vescovo, nella giornata di ieri, a commento dei terribili fatti di cronaca nera che si sono registrati negli ultimi giorni in gran parte della città, in special luogo nella periferia orientale di Napoli dove si trova lo stabilimento di lavatrici.
Non è solo un caso, quindi, che i primi a raccogliere l’appello di Don Mimmo siano stati proprio i lavoratori della Whirlpool.
“Troppe volte – scrivono gli operai in una lettera – a più riprese abbiamo lanciato il nostro grido d’allarme, perché quella realtà continui ad esistere. Al centro tra Barra, San Giovanni e Ponticelli, dove oggi echeggiano le bombe, dove ritornano a mietere vittime i clan e dove ancora è vivo il ricordo delle non lontane faide di camorra”.
Ma ad uccidere la città che resiste, oltre al malaffare e alla camorra c’è anche la “politica che finge che tutto ciò non esista – precisano i lavoratori di via Argine – che continua ad impoverire il territorio sfruttandolo per proprio tornaconto, per menefreghismo, tutti quegli uomini che potendo non prendono parte, non si schierano rimanendo indifferenti, tutti quegli uomini, sostenuti ed eletti dai cittadini che ne tradiscono le speranze riposte in essi”.
Ed in questo calderone nefasto si rischia di far “morire tutte quelle realtà che resistono e cercano di dare speranza ad una città incancrenita da un sistema malsano”.
La chiusura della Whirlpool è difatti la sconfitta di tutta la città. Chiudere “un presidio di legalità” in un territorio dove la camorra uccide e terrorizza i residenti da oltre un secolo, facendosi scudo sotto le ombre di un dramma occupazionale che come un vortice ha divorato l’intera area orientale, oggi vittima dell’abbandono e del degrado in cui sguazza la criminalità organizzata.
“Si perderà – si legge nella lettera – un altro presidio di legalità e presidio di democrazia, si impoverirà ulteriormente un territorio che ha già pagato troppi tributi in vite umane, disoccupazione, povertà, mancanza d’istruzione, fame e disperazione”. Ai politici, agli uomini di giustizia, alle istituzioni, facciamo appello perché riconoscano in noi, e in tutte quelle realtà lavorative, che rappresentiamo “la cura vera” per far si che questa amata Napoli non muoia”.
“Ecco perché . concludono i lavoratori – ci uniamo a Don Mimmo, camminando al suo fianco ed “al fiume di vita e di speranza che non ha mai smesso di attraversare Napoli” invitando tutti i cittadini, tutti gli uomini e le donne di questa città di attingere ai valori che abbiamo saputo sempre tirar fuori nei momenti più bui dell’umanità e a resistere al male e alla corruzione, come noi, che da oltre 865 giorni così facciamo ed esortiamo la nostra città a fare lo stesso al grido”.