Atalanta: Gomez, ‘Gasp tentò di picchiarmi, Percassi non ha avuto palle’. Gasperini replica: ‘Bugiardo’

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Sette mesi dopo l’addio all’Atalanta, Alejandro Gomez decide di mettere del sale su una ferita evidentemente aperta. In una lunga intervista al quotidiano argentino La Nacion, il Papu svela i retroscena di un addio che, all’epoca, fece scalpore perché inimmaginabile. «Gasperini ha cercato di aggredirmi fisicamente perché ho disobbedito a un’indicazione tattica. Da quel momento ho detto basta – ha detto Gomez -. Ho sbagliato anche io perché non avevo obbedito a una consegna tattica. Mancavano 10’ alla fine del primo tempo, Gasperini mi chiese di spostarmi sulla destra, ma io stavo giocando benissimo a sinistra. Così gli risposi di no. Immaginate che significa, sul campo oggi, con tutte le telecamere. Sapevo che l’allenatore si sarebbe arrabbiato, che mi avrebbe tolto all’intervallo e in effetti fu così. Ma quello che successe poi nello spogliatoio valicò ogni limite. Gasperini tentò di picchiarmi. Posso capire discutere, ma un’aggressione fisica non l’accetto. Così, chiesi ad Antonio Percassi un incontro e gli spiegai che per me non c’erano problemi a continuare assieme, ammettendo anche le mie colpe. Come capitano non mi ero comportato a modo, ero stato un cattivo esempio non obbedendo a un’indicazione dell’allenatore. Però chiesi al presidente che per andare avanti avevo bisogne delle scuse di Gasperini. Una società non può tollerare che il tecnico provi ad aggredire un calciatore. Il giorno dopo, durante una riunione con la squadra ho chiesto scusa all’allenatore e ai miei compagni per quello che era successo, ma non ho ricevuto scuse dal tecnico. Quindi, quello che avevo fatto io era sbagliato e quello che aveva fatto lui era giusto? Dopo qualche giorno ho detto al presidente che non volevo continuare a lavorare con Gasperini all’Atalanta. Il presidente mi ha detto che non mi avrebbe lasciato andare. È iniziato il tira e molla e alla fine ci ho rimesso io, finendo per allenarmi da solo con le riserve. Dopo tutto quello che avevo fatto per il club, si comportarono male e non posso negarlo. Percassi non ha avuto le palle di chiedere a Gasperini di porgermi le sue scuse. Si sarebbe risolto tutto. Poi mi chiusero le porte del calcio italiano: ero il miglior centrocampista della Serie A e non volevano cedermi a una rivale. Avevo offerte dall’Arabia e dagli Stati Uniti, volevano mandarmi per forza là. Grazie a Dio, alla fine spuntò il Siviglia: è stato fondamentale per me perché volevo a tutti i costi giocare la Coppa America con l’Argentina (poi vinta, ndr) e così è stato possibile. Dopo tanti anni insieme, avevamo un bel rapporto: i miei figli andavano a scuola con i bambini della famiglia Percassi, condividevamo un sacco di cose. Poi mi hanno gettato nella spazzatura, mi fa male ancora adesso. Con un allenatore è normale si possa litigare, sono cose che succedono, anche in altri lavori capita, ma la reazione della società mi fece soffrire sul serio. I motivi del perché si comportarono così? Economici. Gasperini è uno dei migliori allenatori d’Europa, che con il suo lavoro fa crescere il valore dei calciatori della rosa. Scelsero lui e non me, perché sapevano che avrebbe continuato a garantire loro soldi dalle cessioni dei calciatori”. Puntuale è arrivata la replica di Gianpiero Gasperini. “I comportamenti e gli atteggiamenti di Gomez, in campo e fuori, erano diventati inaccettabili per l’allenatore e per i compagni. L’aggressione fisica è stata sua, non mia, ma il vero motivo per cui è andato via da Bergamo è per aver gravemente mancato di rispetto ai proprietari del club. Mi auguro che Gomez possa continuare a far parlare di sé con le prestazioni, come faceva all’Atalanta”, ha detto il tecnico a La Gazzetta dello Sport.

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Dante Sebastio

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