Nelle prime ore di questa mattina, 25 novembre, i carabinieri della Compagnia di Novi Ligure (AL), coadiuvati da personale degli altri Reparti del Comando provinciale di Alessandria e da quelli della Compagnia Milano Monforte, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare nei confronti di sei persone: tre sottoposte a misure cautelari, una in carcere e due ai domiciliari, le altre soggette all’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.
Ai sei destinatari delle misure, cosi come ad altri quattro denunciati in stato di libertà, tutti giovanissimi e residenti nel novese, sono contestati, a vario titolo, gravi reati che vanno dallo spaccio di sostanze stupefacenti all’estorsione, dalla di rapina alle lesioni, in alcuni casi anche con l’aggravante di aver fatto uso di un’arma da fuoco. Delitti commessi in danno di altrettante giovani vittime, tra le quali anche alcuni minorenni.
In concomitanza con le misure cautelari i militari hanno dato esecuzione ai decreti di perquisizione locale e personale, nei confronti degli indagati.
Le indagini hanno tratto spunto dalla constatazione, da parte degli investigatori, di un sempre maggiore coinvolgimento di giovanissimi del novese in attività delittuose quali spaccio, rapine, risse, in un contesto generalizzato di condotte sintomatiche di un profondo e preoccupante disagio giovanile.
Questa percezione ha successivamente trovato riscontro in alcune segnalazioni pervenute da ragazzi che lamentavano di essere stati oggetto di minacce e, alcuni di essi, di percosse, a causa di piccoli debiti di droga che non erano riusciti ad onorare.
Mirati approfondimenti investigativi condotti dai militari della Compagnia di Novi mediante servizi di osservazione, controllo e pedinamento, perquisizioni, attività tecniche, analisi di dispositivi ed escussioni di persone informate sui fatti, consentivano di accertare come in una realtà seppure piccola come quella novese esistesse, in forme diverse ma similari a quelle presenti in centri di ben altra dimensione, una sorta di “baby gang” che imperversava tra i coetanei degli indagati. Protagonisti, un gruppo di ragazzi poco più che maggiorenni, connotato dalla presenza di gerarchie, dall’utilizzo di soprannomi e di un linguaggio infarcito di “slang”, dalla familiarità con la violenza, sia parlata che praticata, e dalla passione per la musica TRAP e RAP.
Giovani per lo più incensurati o con piccoli precedenti, che le indagini hanno dimostrato essere soliti agire “in branco”. Lo spaccio era la loro principale attività delittuosa, spesso seguita da rapine e estorsioni nei confronti di chi non riusciva a pagare i debiti contratti per l’acquisto di droga.
Elemento assolutamente significativo e nuovo per il territorio novese è stato l’accertamento della diffusione tra alcuni giovani, accanto ad hashish, marijuana e cocaina, delle “nuove droghe”, sostanze costituite da farmaci che, usati come droghe, rappresentano la nuova via dello sballo. È stata quindi documentata la cessione di:
Droghe poco costose, spesso assunte unitamente ad altre droghe e/o a sostanze alcoliche, da parte di giovanissimi molte volte inconsapevoli della loro estrema pericolosità.
Chi le procurava, raggiunto dalla misura degli arresti domiciliari, era riuscito a falsificare diverse ricette mediche che gli consentivano di acquistare le sostanze stupefacenti in farmacia senza destare particolari sospetti.
Gli inquirenti hanno inoltre rinvenuto numerosi video caricati sui social in cui gli indagati ed altri giovani si filmavano mentre preparavano e poi assumevano droghe di vario genere, ascoltando in sottofondo, a tutto volume, brani di musica TRAP.
Diverse anche le aggressioni commesse dagli indagati – almeno quattro caratterizzate da particolare violenza – sia nei confronti di giovani vittime che non erano riuscite ad onorare debiti di droga che nei confronti di chiunque osasse mettere in discussione la loro supremazia.
In alcuni casi i militari hanno rintracciato sui cellulari delle vittime le fotografie che queste si erano fatte dopo avere subito i pestaggi, in cui apparivano con i volti palesemente tumefatti e sanguinanti, a riprova di una violenza deliberata e incontrollata. Le vittime, impaurite da tanta violenza, non si erano mai rivolte ai sanitari, anche per il timore di dover poi fornire spiegazioni sulle origini delle lesioni. Dalle indagini emergeva altresì che il capo del gruppo non di rado portava con sé anche una pistola, che riusciva a trafugare da casa, di nascosto dal padre. Grazie a essa aumentava il proprio prestigio e la propria capacità d’intimidazione: in almeno una circostanza l’ha addirittura utilizzata puntandola carica contro la sua vittima.
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