Bergamo: padre dona pezzo di polmone al figlio

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“Sono felice, adesso lo vedo correre e giocare come gli altri bambini”.

Ánduel è il papà che ha donato al figlio di 5 anni una parte di un proprio polmone in quello che è stato il primo trapianto di polmone da donatore vivente eseguito in Italia.

L’intervento al Papa Giovanni di Bergamo risale al 17 gennaio: undici ore in tutto e con un centinaio di persone che si sono avvicendate fra i vari turni nei diversi ruoli, poi c’è stato un follow up complesso e solo nei giorni scorsi il piccolo è stato dimesso dalla Pediatria. Mario (è il soprannome che in ospedale hanno dato al piccolo per la sua passione per il videogioco di SuperMario) resterà ancora per qualche tempo a Bergamo per sottoporsi ai controlli post-trapianto. Poi potrà tornare a casa e ricominciare una vita normale. La sola limitazione per il padre riguarda una riduzione del 20% del volume polmonare complessivo. Va però considerato che le normali riserve polmonari di un uomo adulto consentono, nonostante questa limitazione, non solo di condurre una vita del tutto normale, ma anche di eseguire attività sportiva.

Il bimbo era affetto dalla nascita da talassemia e un trapianto di midollo dal padre aveva peggiorato le cose, causando la malattia da trapianto contro l’ospite. Di qui la decisione dei medici dell’ospedale di Bergamo di effettuare sul bimbo il trapianto di cinque segmenti del lobo inferiore destro del polmone del padre.

“Ricordo – racconta Michele Colledan, direttore del Dipartimento di insufficienza d’organo e trapianti e dell’Unità di Chirurgia generale 3 del Papa Giovanni – che la prima volta che ho esposte l’ipotesi di trapianto da vivente i genitori non hanno avuto un secondo di esitazione. Se non l’avesse proposto lei l’avremmo proposto noi, mi hanno detto. La cosa più emozionante per me è vederli insieme”.

“Non ci ho pensato due volte: si tratta di salvare la vita a tuo figlio e non ti tiri indietro – conferma Ánduel, 34 anni, operaio di origine albanese che da cinque anni vive in una cittadina del centro Italia con la moglie Ornéla, 35 anni e il loro unico figlio – Lui era malato due anni, avevo pensato che già il trapianto di midollo che avevo fatto potesse risolvere il problema invece non è stato così. In due anni ti vengono in mente tante cose e pensi che non riuscirai mai a risolvere il problema. Invece grazie a Dio e grazie ai medici è andato tutto bene, adesso potrà andare all’asilo, giocare con gli altri bambini. Lui non sta fermo un attimo, mangia poco e gioca tanto. Per me non c’è cosa più bella da vedere, è meraviglioso”.

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Redazione Nazionale

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