Cos’è l’iniziativa “Bollette in vetrina”, la singolare protesta di bar e ristoranti: “Lavoriamo con la pistola puntata alla tempia”

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Fuori ai bar e ai ristoranti in vetrina vengono generalmente esposti menu, prezzi, foto o le indicazioni di qualche pietanza speciale della casa da degustare. Da qualche giorno a questa parte però fuori alle vetrine stanno comparendo anche le bollette che i gestori e i commercianti sono costretti a pagare.

Si tratta di un’iniziativa spontanea, chiamata “Bollette in vetrina”, alla quale stanno aderendo diversi esercenti e che è stata rilanciata da Fipe (Federazione pubblici esercizi) Confcommercio per denunciare i costi di gestione di bar e ristoranti diventati sempre più alti e quasi proibitivi.

Come spiegano gli organizzatori si tratta di “una grande operazione di trasparenza a livello nazionale per mostrare ai cittadini e agli avventori di bar e ristoranti in quale situazione drammatica le imprese sono costrette ad operare”.

“Bollette in vetrina”, scende in campo la Fide-Confcommercio: “O il Governo interviene sui listini o si sospende l’attività”

Negli ultimi mesi sono aumentati i prezzi nei supermercati, ma anche nei bar e nei ristoranti. Trovare un caffè a meno di un euro è quasi impossibile, laddove il prezzo oscillava tra i 70 e i 90 centesimi fino a poche settimane fa.

I gestori hanno quindi deciso di mostrare ai loro clienti le bollette che sono costretti a pagare e che quindi hanno provocata un’improvvisa impennata dei prezzi.

“Questa iniziativa – spiega Aldo Cursano, vicepresidente di Fipe-Confcommercio – ha l’obiettivo di rendere trasparente cosa sta succedendo a chi gestisce un bar o un ristorante, per spiegare ai clienti perché il caffè costa di più con il rischio che ci siano ulteriori aumenti.

Con i costi dell’energia aumentati del 300% si lavora con la pistola puntata alla tempia. Se il Governo non interviene o si agisce sui listini o si sospende l’attività. Contiamo sulla sensibilità dei cittadini e dei clienti, perché fare lo scaricabarile dei costi è l’ultima cosa che vorremmo fare”.

Si stanno studiando delle alternative per porre un freno al caro-prezzi e Cursano conclude: “Abbiamo chiesto al Governo di potenziare immediatamente il credito d’imposta anche per le imprese non energivore e non gasivore. Un credito d’imposta del 15% per l’energia elettrica non è assolutamente adeguato agli extra costi che le imprese stanno sostenendo adesso. Bisogna fare presto però, altrimenti c’è il rischio di innescare una spirale inflazionistica destinata a gelare i consumi”.

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Redazione Nazionale

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