Catania: nata con la bocca fusa al cranio, a 16 anni l’operazione che le permette di mangiare e parlare

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Ha 16 anni, è di Catania, ed è nata con la sindrome di Nager, una malattia genetica che le ha determinato una malformazione grave.

Nel feto si era sviluppato un ammasso osseo che aveva fuso la mandibola al cranio. Letteralmente le era impossibile aprire la bocca.

Tracheotomizzata appena venuta al mondo, non ha mai potuto nutrirsi di cibi solidi. Sottoposta a 14 interventi chirurgici, ora ha compiuto il passo più grande verso una vita normale grazie al lavoro del professor Alberto Bianchi, direttore del reparto di Chirurgia Maxillo facciale dell’ospedale San Marco di Catania che nel corso di un complesso intervento ha potuto ricostruire, impiantando una protesi, l’articolazione temporo-mandibolare della giovane paziente.

“È una guerriera, una combattente, la conosco da anni e l’ho vista resistere e andare avanti con grande coraggio”, racconta Bianchi al Corriere.

“La ricostruzione completa delle articolazioni mandibolari negli adulti è ormai una realtà consolidata, diverso il discorso per i bambini e gli adolescenti dove ci muoviamo ancora nell’ambito dell’eccezionalità”, spiega il professore formatosi alla scuola bolognese, poi diventato a Catania il padre della chirurgia maxillo-facciale.

La paziente con la madre Ketty, Alberto Bianchi e Ana Rita Mattaliano

“E’ in cura da quando era piccola – spiega – i suoi genitori vennero a Bologna per chiedere aiuto e abbiamo cominciato insieme il percorso: molti interventi, tra cui quello alla mandibola che in pazienti del genere è molto piccola. Vanno allungate le ossa per aumentare le vie respiratorie e togliere la tracheotomia. Ma questo è stato solo uno dei passaggi che abbiamo dovuto fare”.

Bianchi che studia l’impianto di una protesi per la giova paziente da anni, ha contattato il professor Massimo Robiony, direttore della clinica maxillo-facciale dell’ospedale universitario di Udine e luminare in materia.

“Mi ha proposto di fare insieme l’operazione a Catania”, racconta.

Il successo dell’intervento, durato circa dieci ore, è stato il frutto di un lavoro multidisciplinare, tra le varie équipe aziendali: oltre ai chirurghi maxillo-facciali, in sala operatoria erano presenti in venti tra chirurghi anestesisti dell’UOS Rianimazione sale chirurgiche e dell’UOC Chirurgia toracica.

“Tutto è andato benissimo – racconta il professor Bianchi – e il prossimo step sarà la ricostruzione del palato che le consentirà di parlare meglio. Ogni cosa a suo tempo. Per ora godiamoci il buon esito di questa tappa”.

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Redazione Nazionale

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