Catania, l’incubo dei reclusi in attesa del tampone: “Il Covid è una malattia per ricchi”

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La situazione sta sfuggendo di mano. O lo è già da tempo. Sta di fatto che il fallimento della macchina organizzativa per supportare i cittadini che rispettano la quarantena e quelli che decidono di vaccinarsi è evidente. Quel che avviene a Catania è soltanto uno degli esempi di una quotidianità drammatica per molti, troppi, così come ci raccontano la nuova di tipologia di detenuti condannata dal Covid.

Sono quelli a breve termine in fila fuori dagli hub vaccinali e delle farmacie, e quelli che, nonostante i termini scaduti della quarantena, sono lasciati ancora chiusi nelle loro abitazioni per giunge il via libera dall’Asp…

“Ma quella che sopporta estenuanti ore nell’auto, in coda per accedere agli hub è nulla in confronto all’incubo che stiamo vivendo imprigionati in casa”, ci racconta Mario, in quarantena perché la moglie e i due figli di 16 e 20 anni hanno contratto il virus.

“Io sono risultato negativo, ma, così come prevedono le disposizioni, ho dovuto lo stesso rispettare la quarantena. Il punto è che sarebbe terminata da ben quattro giorni e ancora nessuno dell’Asp si è presentato per sottoporci al tampone. Ho chiamato più volte, senza ricevere risposta. Quando finalmente ho beccato un operatore libero, la risposta è stata sconfortante e inaccettabile al tempo stesso. Deve avere pazienza, la sua famiglia non è l’unica in attesa del tampone: mi ha detto. Ovviamente ho manifestato l’esasperazione alla quale siamo per colpe non nostre costretti e allora mi ha chiesto la disponibilità a raggiungere un hub per sottoporci al tampone insieme coi miei congiunti che sono stati contagiati. Disponibilità subito data, andremmo anche a piedi e attenderemmo anche non so quante ore pur di liberarci da una prigionia insopportabile, ma ancora non è giunto il permesso per potere uscire dall’abitazione. Perché ci si aspetterebbe che la disponibilità richiesta venisse accordata subito, invece l’operatore mi ha detto che avrebbe riferito la richiesta e sollecitato per il benestare. Siamo ancora in attesa. Anche per un semplice permesso per raggiungere l’hub, il nulla, un’attesa surreale“.

Ma non basta. “Se non avessimo avuto amici a parenti a supportarci, come avremmo fatto?“, si sfoga Mario. “Prendete il nostro nucleo familiare: siamo in quattro, anzi in cinque, perché della famiglia fa parte anche il nostro cane. Il Covid è una malattia per ricchi, perché chi non può contare su una rete amicale e familiare, per la spesa dovrebbe rivolgersi al servizio a pagamento per riceverla a domicilio, per il cane dovrebbe ingaggiare un dogsitter, visto che non si può mettere piede fuori casa, anche se si è negativi come me, incubo nell’incubo, visto che non posso condividere il resto della casa con mia moglie e i miei figli. Ma tornando all’aspetto economico: tutto quel che riguarda la quotidianità di una famiglia che non si può più fare deve essere delegato e, quindi, pagato se non si ha chi può giungere in aiuto. Quello che sulla carta si dice dovrebbe essere garantito, ma non è così. Perfino la spazzatura, che dovrebbe essere portata via regolarmente a domicilio, resta dov’è: gli operatori ecologici si sono presentati a casa nostra dopo dieci giorni. Sì, dieci giorni ad accumulare spazzatura. Ma ci rendiamo conto? E noi abitiamo in centro: non oso immaginare l’abbandono che subiscono i nostri concittadini che abitano in periferia”.

“Capisco l’emergenza – conclude Mario – ci viene chiesto di rispettare le disposizioni, di essere consapevoli, ma così come noi cittadini abbiamo il dovere di contribuire col comportamento, è sacrosanto anche il diritto di istituzioni efficienti, di metodi organizzativi all’altezza. Non si può disprezzare così la libertà e la vita delle famiglie, di tutti. In situazioni eccezionali anche l’impegno delle istituzioni deve essere eccezionale. Anzi, di più“.

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Alessandro Sofia

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