Clamorosa svolta nel caso di Alessia Pifferi: “manipolata” dalle psicologhe del carcere

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Clamorosa caso nel caso di Alessia Pifferi, la donna che ha lasciato morire di stenti la figlia Diana di 18 mesi e che ha inviato messaggi deliranti ad un’amica poco prima di abbandonare la piccola.

Secondo quanto emerso la donna, indagata per omicidio pluriaggravato per la morte della figlia Diana, sarebbe stata manipolata dalle due psicologhe del carcere di San Vittore che l’avevano in cura. Si sospetta che le psicologhe abbiano fornito alla Pifferi “una tesi alternativa difensiva”, cioè un possibile vizio di mente.

Indagate le psicologhe e l’avvocata della Pifferi

Indagata insieme a loro per falso ideologico anche Alessia Pontenani, avvocato della Pifferi. Il pm Francesco De Tommasi aveva contestato la relazione basata sui colloqui con le stesse psicologhe e secondo lui sarebbe stato attestato falsamente che la Pifferi “aveva un quoziente intellettivo pari a 40 e quindi un ‘deficit grave'”, con un test non “utilizzabile a fini diagnostici e valutativi”.

Le due psicologhe, secondo il pm, avrebbero invece svolto una “vera e propria attività di consulenza difensiva, non rientrante” nelle loro “competenze”.

La Pifferi manipolata?

La Procura di Milano, da quanto trapelato, contesta più episodi alle psicologhe accusandole di favoreggiamento e falso ideologico. “E’ nostro dovere esternare una forte perplessità rispetto ad una apparente prassi che, come ripetiamo, nella nostra piuttosto ampia esperienza, non abbiamo mai visto applicare a nessun altro detenuto” – avevano scritto gli psichiatri Marco Lagazzi e Alice Natoli, consulenti della Procura, in una relazione depositata nel processo in corso alla Corte d’Assise.

In sostanza la Natoli e Lagazzi hanno criticato il lavoro fatto dalle due colleghe, che si sarebbero spinte ben oltre le loro competenze. Il test psicometrico Wais aveva stabilito che la Pifferi aveva un ritardo mentale, come se fosse una bambina di 7 anni, condizione che in un certo senso alleggerirebbe la sua posizione.

Da quanto si legge nella consulenza: “Il contributo delle psicologhe è già stato ampiamente discusso e non si può non essere perplessi per l’attuazione di un test che non ha nulla a che fare con la gestione penitenziaria ma è utile per la difesa penale, e per una intensiva rilettura del caso fatta con l’imputata di un così grave reato. L’impressione che si trae da tutto questo è che ciò renda tra l’altro ormai inutile qualsiasi esame peritale, perché valuterebbe non i vissuti della persona, ma ciò che la stessa ha riferito di avere appreso e discusso nel lavoro con le psicologhe, unitamente al suo deresponsabilizzante convincimento di essere lei stessa una bambina, sempre espresso dalla psicologa”.

I pm ritengono quindi che l’imputata possa essere stata manipolata, mentre alla fine di febbraio sarà depositata una perizia psichiatrica disposta dalla Corte d’Assise per valutare l’effettiva capacità di intendere e di volere della donna. La perizia è stata richiesta proprio dall’avvocata Pontenani, che ha fatto leva proprio sugli esiti della relazione delle due psicologhe, parlando di un “gravissimo ritardo mentale” della Pifferi che ha “un quoziente intellettivo di una bimba di 7 anni”.

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Redazione Nazionale

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