Ennesimo suicidio nel carcere di Taranto

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Un altro suicidio nel carcere di Taranto. La denuncia arriva direttamente dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Puglia. “Un detenuto di origini tarantine, di circa 50 anni, in carcere per reati contro il patrimonio, fine pena nel 2024, si è impiccato con una rudimentale corda ricavata da un asciugamano – si legge in una nota -. Aveva poche chance di essere salvato, nonostante la professionalità, il coraggio e l’abnegazione dei poliziotti di Taranto. A quell’ora, prima delle 8.00, un solo agente deve gestire un intero piano composto da tre sezioni detentive lunghe 50 metri ciascuna, con circa 70 detenuti per sezione da controllare per un totale di oltre 200 detenuti (dovrebbero essere almeno in 4), cosa che avviene spesso nelle ore serali e notturne”.

“Riteniamo – prosegue la nota del Sappe – sia il momento che chi ha responsabilità e non prende provvedimenti inizi a pagare, poiché lo Stato deve garantire anche l’incolumità dei detenuti con ogni mezzo. Negli ultimi mesi, da Taranto sono passati sottosegretari alla giustizia, parlamentari nazionali, vertici del Dap, che con i loro occhi hanno visto come è ridotto il carcere sia per quanto riguarda la mancanza di sicurezza, che per il gravissimo sovraffollamento di detenuti, alcuni appartenenti a pericolosi clan, che hanno promesso interventi mai arrivati. Come è possibile che si continui a tollerare, tra l’indifferenza generale, la situazione per cui il carcere di Taranto con un organico di poliziotti penitenziari tarato per 350 detenuti, da anni ne continui a gestire più del doppio, circa 710?”.

“Tutto ciò – conclude il Sappe – costringe i poliziotti a lavorare per 8/12 ore continuative con carichi di lavoro massacranti in violazione di norme e leggi dello stato italiano. Negli ultimi mesi, sono decine gli interventi dei poliziotti penitenziari di Taranto che, con coraggio e professionalità, sono riusciti a salvare chi, per motivi vari, ha deciso di volare oltre le sbarre del carcere. Inoltre, si registra una carente e insufficiente assistenza sanitaria soprattutto ai detenuti con problemi psichiatrici, decine e decine, spesso abbandonati a loro stessi”.

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Dante Sebastio

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