Fidanzati uccisi perché “troppo felici”: ergastolo a Antonio De Marco

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“Nessuna sentenza potrà mai colmare il vuoto che ha lasciato”. Sono le uniche parole pronunciate dal papà di Daniele dopo la lettura della sentenza.

Di Daniele De Santis, massacrato insieme con la fisanzata Eleonora Manta da Antonio De Marco.

È stato condannato all’ergastolo il feroce assassino, il giovane studente reo confesso dell’omicidio dell’arbitro leccese e della sua amata, uccisi per invidia la sera del 21 settembre 2020 nella loro casa in via Montello, a Lecce, che per mesi avevano condiviso con lui, affittandogli una stanza. La sentenza è stata pronunciata oggi dai giudici della Corte d’Assise.

Eleonora Manta e Daniele De Santis

“Ho fatto una cavolata, so di aver sbagliato. Li ho uccisi perché erano troppi felici e per questo mi è montata la rabbia”, aveva detto De Marco quando è stato arrestato. Ma il suo era stato un omicidio premeditato, organizzato a lungo, tant’è che nello zaino portato con sé il giorno dell’omicidio sono state trovate della fascette con le quali aveva pianificato di legare le vittime per torturarle e un taccuino con appunti così come “Non lasciare tracce di sangue”. La reazione di quelle che erano diventate le sue prede, probabilmente, hanno fatto fallire il piano ancora più crudele di farle soffrire a lungo prima di ucciderle.

Per De Marco non è stato disposto l’isolamento diurno per un anno come aveva chiesto la Procura che invece ha visto accogliere la richiesta dell’ergastolo. In aula non erano presenti né De Marco né i suoi genitori. C’erano invece i famigliari delle vittime.

L’aula bunker del carcere di Borgo “San Nicola” è un profluvio di emozioni e sentimenti che esplodono dopo mesi di attesa, silenzi e sofferenza quasi estenuanti. Non c’è la forza e neppure la voglia di accanirsi contro l’assassino tra i familiari dei due ragazzi uccisi con 79 coltellate nel loro primo giorno di convivenza nel condominio di via Montello, a due passi dalla stazione ferroviaria di Lecce.

Era iniziata con un imprevisto l’udienza. Un giudice popolare supplente è stato dichiarato decaduto per avere rilasciato, poco prima dell’avvio dell’udienza, un’intervista ad alcune tv, facendo – è stato spiegato – valutazioni personali sull’esito del processo. Il presidente della Corte Pietro Baffa ha disposto la decadenza per incompatibilità.

Il pm Maria Consolata Moschettini non ha voluto controreplicare alle arringhe difensive della scorsa udienza. La Procura aveva già invocato l’ergastolo col riconoscimento dell’aggravante della crudeltà e della premeditazione, e l’isolamento diurno per un anno.

De Marco ha sempre scelto di disertare tutte le udienze senza mai comparire al cospetto di giudici e familiari delle vittime per recitare un mea culpa che chissà poi quanto sarebbe servito per addolcire i sentimenti dei familiari dei ragazzi e strappare la clemenza della Corte una volta chiusasi in camera di consiglio.

De Marco, in questi mesi, si è presentato soltanto dinanzi al dottore Elio Serra e allo psichiatra Pasquale Carabellese (docente di criminologia presso l’Università di Bari) perché i due periti di parte hanno dovuto valutare la sua capacità di intendere e di volere minata, a dire dei suoi legali, da una esistenza (seppur così breve) costellata da delusioni d’amore che lo avrebbero destabilizzato a tal punto da identificare nella giovane coppia i bersagli più facili e a lui più vicini su cui riversare il suo “mal di vita” e la sua “gelosia” la sera del 21 settembre del 2020.

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Redazione Nazionale

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