La scioccante confessione di Flavia Borzone: “Elettra Lamborghini è mia sorella”. E arriva la conferma del test del DNA

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Elettra Lamborghini, personaggio molto amato sui social dove delizia i suoi fan con video divertenti e foto bollenti in topless, suo malgrado si è trovata al centro di un “giallo” familiare. Flavia Borzone con la mamma Rosalba Cosimo, cantante lirica partenopea, si era presentata in tv a Canale 5 per fare una dichiarazione sconcertante: Elettra Lamborghini è mia sorella”.

La denuncia

Tonino Lamborghini, padre di Elettra e di Ginevra Lamborghini, non ha preso affatto bene le dichiarazioni delle due donne e le ha denunciate per diffamazione. Tuttavia, da quanto riportato da Il Resto del Carlino, ci sarebbe un test del DNA che confermerebbe la teoria di Flavia Borzone, cioè che suo padre è effettivamente Tonino Lamborghini. “Non volevo offendere nessuno – ha spiegato Flavia Borzone dinanzi al giudice Anna Fiocchi – solo sapere di chi sono figlia”.

Il test del DNA

La Borzone e la Cosimo più volte hanno chiesto il test del DNA, rifiutato da Tonino Lamborghini come riferito da Il Resto dl Carlino e Repubblica. Le due donne però non si sono arrese e, come spiegano i legali di Flavia Borzone, sono stati “ingaggiati quattro investigatori privati per le indagini difensive e siamo riusciti ad acquisire una cannuccia con la saliva di Elettra, prelevata da un frappé che la cantante aveva bevuto”.

A detta degli avvocati dal test sarebbero emerse prove inequivocabili che Elettra Lamborghini e Flavia Borzone sono effettivamente sorelle. “Sono emersi elementi granitici in quest’udienza – hanno ribadito i legali – che dimostrano come la nostra assistita ed Elettra Lamborghini siano sorelle. E dunque, figlie dello stesso padre: per noi questo basta a far cadere l’accusa di diffamazione, perché le donne hanno solo detto la verità”.

Intanto il professor Bernardini, avvocato di Lamborghini, come riportato da Il Resto del Carlino ha replicato così: “In questo giudizio era già stato chiesto dalla difesa un esame del Dna, che è stato respinto dal giudice. La sede deputata a un simile accertamento è una causa civile. Il punto del processo in atto sono invece le frasi diffamatorie pronunciate nei confronti del mio assistito, dando per scontato che la figlia e l’imputata siano sorelle e trattandolo, per questo, in malo modo”.

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Redazione Nazionale

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