Ecco quanto si legge nella testatina di ieri del giornale Il Fatto Quotidiano: “La Consulta cancella la censura sulla corrispondenza fra i detenuti al 41-bis e avvocati. Geniale: così i boss potranno ordinare omicidi e stragi per lettera“.
Flavia Famà è la figlia dell’avvocato Serafino Famà, ucciso a Catania da sei colpi di pistola, all’uscita dallo studio. Così la Famà, che ha studiato Tutela internazionale dei diritti umani all’università La Sapienza, commenta il fatto recente: “Trovo indegne queste parole di Il Fatto Quotidiano. Mio padre si ribellava a questo genere di insinuazioni infamanti che peraltro gettano discredito su tutta la categoria. Da figlia di un avvocato ammazzato dalla mafia proprio perché svolgeva in modo corretto la professione di DIFENSORE, mi sento offesa e amareggiata”.
E ancora: “L’avvocato non deve essere identificato con il proprio assistito. L’avvocato non è l’assistito o il reato da questi commesso. L’avvocato non è “consigliere” o colluso per principio, come qui si lascia intendere. Vorrei delle scuse. Non a me, non solo in memoria di mio padre, di Fulvio Croce, di Giorgio Ambrosoli e dei tanti, troppi, caduti per la nostra democrazia. Ma a tutti quei colleghi che quella toga la onorano tutti i giorni!”.
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