Solo i comici sanno dire con leggerezza le cose serie. Difficile, quindi, non essere d’accordo con quanto scrive Carlo Verdone, che riflette – con la sensibilità che gli appartiene – sulla condizione degli anziani costretti a vivere in tempi di pandemia, qualcosa che ricorda la solitudine della guerra. La solitudine legata all’ultima parte della vita.
Come correggere una sola delle parole che ha scritto l’autore di film indimenticabili come “Un sacco bello” e altre pellicole indimenticabili per molti di noi che hanno superato gli anta e che hanno accompagnato la nostra gioventù.
Parole che legano una generazione con l’altra, proprio come i suoi film.
“Durante la pandemia mi ha dato fastidio la mortificazione degli anziani, persone che a settant’anni sono ancora in buona salute, vecchie solo all’anagrafe. Mi ha dato fastidio il cinismo verso l’anziano, scarto della società. Enea, lasciando Troia, ha portato sulle spalle il padre Anchise. I bambini, con la loro purezza, e gli anziani, biblioteche della nostra memoria, sono le parti migliori della società. Ma che vogliamo fare a meno delle Sora Lella? Ogni volta che sui social posto la Sora Lella la gente la ricorda con amore perché ha riso con lei nei miei film, l’avrebbe voluta come nonna, con la sua saggezza, lo sguardo sardonico. Le persone mature non buttatele via, perché possono servire ancora molto”.
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