Il Tribunale di Latina ha emesso un verdetto di assoluzione nel processo che coinvolgeva una negoziante cinese, L. X., 34 anni, titolare di un’attività commerciale a Fondi, accusata di caporalato da due dipendenti italiani. Il processo si è concluso davanti al giudice per l’udienza preliminare, Giuseppe Molfese.
L’accusa verteva sul presunto sfruttamento dei dipendenti, con il mancato rispetto dei contratti riguardanti orari e retribuzioni. Tuttavia, la difesa, rappresentata dall’avvocato Angelo Farau, ha sottolineato durante il processo che i dipendenti non erano affatto sottoposti a condizioni di sfruttamento. Inoltre, è stato evidenziato che non si poteva applicare la norma sul caporalato, in quanto mancava lo stato di bisogno del lavoratore, condizione essenziale per configurare tale reato. La documentazione relativa ai contratti e alle buste paga è stata presentata come prova.
Durante il rito abbreviato, il pubblico ministero Giuseppe Miliano aveva chiesto una condanna a due anni e mezzo di carcere. Tuttavia, il giudice Molfese ha accolto la tesi della difesa, assolvendo l’imputata perché il fatto non sussiste.
Questa decisione sottolinea l’importanza della presentazione di documentazione accurata e della corretta interpretazione delle normative nel contesto legale. Il caso evidenzia anche la necessità di valutare attentamente le accuse di caporalato, garantendo un equo processo e considerando tutti gli elementi in gioco.
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