L’ex premier ha risposto a una domanda sul decreto per istituire la zona rossa a Nembro e Alzano Lombardo di cui Speranza lo aveva informato. Il provvedimento fu firmato solo dall’allora ministro e non entrò in vigore.
Conte ha spiegato che da Fontana non sono mai arrivate “richieste formali o informali” sulla zona rossa e ha parlato della mail che il governatore gli inviò il 28 febbraio 2020 chiedendo il “mantenimento” delle “misure” già “adottate”. “Di fronte” agli approfondimenti del Cts “e alla luce degli ultimi dati, emerse l’orientamento degli esperti di una soluzione ancora più rigorosa e complessiva, non limitata ai solo due comuni della Val Seriana”, ma a tutta Italia.
Lo ha spiegato il 12 giugno 2020, l’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte sentito come teste dai pm di Bergamo nell’indagine sulla gestione del Covid nella Bergamasca. Conte ha raccontato che la mattina del 6 marzo 2020 si era recato negli uffici della Protezione Civile dove si svolse “una ampio confronto” sui dati epidemiologici “della Val Seriana e degli altri territori lombardi e non solo”.
Fu il “28 febbraio 2020” il giorno cruciale che portò l’Italia a non riuscire a contrastare la pandemia da Covid, malgrado i dati a disposizione, perché invece che alle zone rosse, come quella da applicare in Val Seriana, il Comitato tecnico scientifico si affidò a “misure proporzionali” per combattere un “virus che si propagava esponenzialmente”. Lo sostiene, nella sua consulenza per la Procura di Bergamo, il microbiologo Andrea Crisanti.
Le “valutazioni e le decisioni del Cts prese il 28 febbraio”, si legge, “avranno conseguenze devastanti nel controllo dell’epidemia in Italia che si trova da quel momento in balia all’improvvisazione”. Il piano pandemico nazionale “non era stato attivato il 5 gennaio”, giorno dell’allarme lanciato dall’Oms, e poi il 28 febbraio il Cts “abbandonava anche le indicazioni del Piano Covid di risposta all’emergenza preparato dalla fondazione Kessler”. Adottò, invece, come risulta dagli atti acquisiti dagli inquirenti, una linea “ispirata a un principio di proporzionalità”. Come se, scrive Crisanti, “prima di estendere le misure previste per la zona rossa si dovesse realizzare uno scenario ancora peggiore di quello che aveva indotto il Cts e il MInistro Speranza a secretare il Piano Covid”. Nella relazione di Crisanti anche considerazioni di questo tipo: “con questi livelli di progressione e le conoscenze di matematica impartite alle nostre scuole medie si sarebbe potuto facilmente calcolare che nel giro di due giorni i casi avrebbero raggiunto quota mille” in Lombardia, dopo il 28 febbraio.
All’ospedale di Alzano Lombardo il Covid circolava già dal 4 febbraio 2020, più di due settimane prima della data del caso di Paziente 1, con tre pazienti infetti ricoverati nel reparto di medicina al terzo piano e uno nel reparto al secondo piano “con un quadro clinico compatibile con infezione da Sars-Cov2 poi confermata con tampone molecolare”. Lo si legge nelle consulenza del microbiologo Andrea Crisanti depositata agli atti dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della prima ondata di Coronavirus nella Bergamasca in cui sono indagati, tra gli altri, l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex ministro Roberto Speranza.
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