Il periodo, per fortuna terminato, delle restrizioni alle attività formative “in presenza” ha decisamente lasciato il segno sulle università italiane. Gli ultimi due anni accademici sono stati in gran parte erogati tramite le modalità della didattica online. Corsi fruibili grazie alle principali piattaforme di videoconferenza o e-learning hanno scandito la vita universitaria che – per la prima volta – si è spostata su un altro canale, differente da quello tradizionale.
Anche gli esami, dopo un primo periodo di incertezza, sono stati erogati con successo online, utilizzando differenti strumenti e software.
C’è poi da segnalare anche il vero e proprio boom degli atenei telematici: gli studenti che hanno deciso di ottenere una laurea telematica sono notevolmente aumentati durante ed in seguito a questo periodo.
La vera incognita riguarda il futuro: come può quest’esperienza passata segnare il futuro dell’istruzione universitaria?
Già sperimentata negli ultimi mesi delle restrizioni Covid, la didattica mista è destinata a guadagnare sempre più terreno nell’ambito delle offerte formative. Il nocciolo della questione sta nell’alternare e ibridare la didattica tradizionale in aula con attività, seminari ed esercitazioni online.
Si è visto come, con l’ausilio della tecnologia e delle piattaforme didattiche, sia possibile migliorare la qualità della formazione e ottenere migliori risultati. Caricare materiali di studio, prevedere sessioni di tutoraggio online e garantire la possibilità di rivedere le lezioni online aiuta una vasta platea di studenti nel preparare i propri esami.
Molte università hanno già previsto la strumentazione adatta per istituzionalizzare la didattica mista: webcam in classe per consentire lo streaming delle lezioni, piattaforme di ateneo, formazione per i docenti.
La frequenza obbligatoria è una delle caratteristiche più controverse dell’università tradizionale. A causa delle distinzioni tra frequentanti, ovvero coloro che seguono le lezioni in ateneo, e non frequentanti, ovvero coloro che studiano prevalentemente a casa, molti studenti hanno dovuto chiudere prematuramente la carriera universitaria.
La didattica mista, unita a un nuovo concetto di “frequenza”, ha permesso a studenti lavoratori e altre categorie di poter godere al meglio degli insegnamenti universitari e conseguire un titolo di studio. Basti pensare che, ad oggi, meno di uno studente su cinque riesce a concludere il ciclo di studi, anche a causa dei limiti imposti dalla frequenza obbligatoria, che non facilita le attività di studenti lavoratori o studenti fuorisede.
Altro nodo da risolvere nel breve periodo è quello del collegamento fra gli atenei e i datori di lavoro. Bisogna puntare senza dubbio sull’orientamento post-laurea e migliorare il sistema dei tirocini curricolari. Solo così si potrà migliorare sensibilmente il tasso di occupazione. Anche in questo caso gli strumenti digitali si sono dimostrati alleati formidabili: c’è bisogno di piattaforme che mettano in collegamento gli studenti con le aziende e viceversa. Il web ha permesso passi da giganti in questo ambito, consentendo ad aziende e laureandi di mettersi in comunicazione tramite portali e siti web dedicati, favorendo l’assunzione di nuovi talenti in modo certamente più agevole.
Molto probabilmente è in questa direzione che andranno, nei prossimi anni, gli sforzi dei singoli atenei.
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