Kristina Gallo, arrestato l’ex compagno per omicidio: “Ti porto con me fino alla morte”

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Sarebbe stata soffocata. Uccisa da quell’uomo che le diceva “Ti porto con me fino alla morte”.

Svolta nelle indagini sulla morte di Kristina Gallo.

A Bologna, il 25 marzo del 2019, la trentenne fu trovata in casa, nuda, deceduta già da diversi giorni.

Oggi è stato arrestato l’ex compagno di 44 anni. E’ accusato di omicidio aggravato perché già responsabile di atti persecutori verso la donna.

Dai primi esami, il decesso, nella casa in via Andrea da Faenza, apparve compatibile con cause naturali.

Ma le indagini, anche su richiesta della famiglia, non si sono mai ermate. Così sono emersi fatti che hanno permesso di puntare i sospetti sull’uomo, che rendeva la vita di Kristina un incubo con molestie, maltrattamenti e telefonate minacciose, quelle in cui le urlava: “Ti porto con me fino alla morte”.

Difeso dall’avvocata Alessandra Digianvincenzi, si era sempre detto estraneo ai fatti, e di non vedere la vittima da almeno una settimana

L’opposizione della famiglia, assistita dall’avvocata Cesarina Mitaritonna, alla richiesta di archiviazione aveva portato il gip Domenico Panza a riaprire il caso, ordinando nuove indagini. Procura e carabinieri erano così ripartiti da zero in un’inchiesta tutta in salita, ma convincendosi sempre di più che si trattasse proprio di omicidio, soprattutto dopo la nuova perizia ordinata dalla Procura e che stavolta andava nella direzione di una morte violenta. 

E in cui erano stati rintracciati segni di graffi, escoriazioni sul corpo di Kristina, insieme al Dna dell’indagato sotto le sue unghie.

Troppe le cose che non tornavano per giustificare la morte naturale. 

Dalla posizione in cui il fratello della vittima aveva trovato il cadavere, gambe e busto erano sotto al letto, al mistero del telefono della donna scomparso e senza segnale, poi riacceso e funzionante dopo molti mesi. Sui tabulati del quale le indagini si sono concentrate, risalendo ai contatti con l’uomo, di cui è stata ricostruita la presenza sulla scena del delitto.

Una scena fatta rivivere in 3d dal Ris di Parma, che dimostrerebbe il ruolo dell’uomo nella morte della donna, avvenuta per asfissia meccanica.

Il movente sarebbe la gelosia.

Negli oltre 6mila file audio recuperati dai telefoni, “emerge con ragionevole certezza- scrivono i carabinieri, la personalità dell’indagato e della vittima e la natura burrascosa della loro relazione. In particolare trovavano riscontro le numerose testimonianze rese da amiche, colleghi e vicini di casa della vittima circa le ripetute e costanti violenze fisiche e psicologiche subite dalla ragazza per la smisurata gelosia dell’indagato”.

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Redazione Nazionale

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