“Non c’è più nulla da fare”: all’hospice dell’Ospedale Arezzo di Ragusa un’iniziativa sull’importanza di vicinanza, empatia e consolazione per chi soffre di una malattia inguaribile

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Venerdì 11 febbraio, alle 11, nel reparto hospice dell’ospedale Maria Paternò Arezzo, è in programma l’iniziativa promossa dall’ufficio diocesano di Pastorale per la Salute e dall’hospice dell’Asp di Ragusa. L’iniziativa sarà presentata in streaming dalla dottoressa Antonella Battaglia che, oltre a essere responsabile dell’hospice, è anche vicedirettore dell’ufficio di Pastorale della salute.

“C’è un crescente bisogno – afferma Battaglia – di sensibilizzare ed incrementare la conoscenza dei temi centrali della vita, dei concetti di salute e malattia e anche della morte, per prendere coscienza dei valori della solidarietà e del rispetto, della dignità della persona umana e della sacralità della vita stessa. La persona che si ammala ha bisogno non soltanto di cure mediche, ma anche di attenzione, vicinanza empatica e consolazione, specialmente quando una malattia non è più guaribile, ma non per questo incurabile. La “Cura” diventa un processo che si articola su più piani ed in tempi diversi, adattandosi ai bisogni del malato e deve essere radicata nella fiducia in sé e nell’ambiente circostante. La relazione tra il malato e chi se ne prende cura diventa la base da cui partire per pianificare la cura stessa, coltivando quotidianamente la speranza che è fatta di piccoli traguardi. È questa la filosofia delle cure palliative che hanno come obiettivo il raggiungimento e il mantenimento della migliore qualità di vita possibile, anche quando si è colpiti da gravi malattie. La frase “non c’è più nulla da fare” deve lasciare il posto al “cerchiamo e troviamo altre strade per stare meglio”, cercando di trasformare il dolore e la sofferenza in opportunità di essere aiutati a vivere meglio. Noi operatori delle cure palliative dell’hospice di Ragusa vogliamo richiamare tutti alla valorizzazione del singolo momento che viviamo, all’essere responsabili del proprio tempo e della propria vita e al dare un significato alla malattia, anche quando sembra che la malattia stessa non abbia un “perché” e quindi non può essere accettata”.

Da qui l’iniziativa il “Filo della Cura” che rappresenta la resilienza del malato che, opportunamente sostenuto, diventa capace di gestire la propria vita e la propria sofferenza e la trasforma in opportunità. “Dalle stanze dell’hospice – afferma il direttore della Pastorale della salute, il sacerdote Giorgio Occhipinti – si dispiegherà un gomitolo di lana che si intreccerà con il filo di chiunque voglia testimoniare la propria vicinanza a chi soffre e si colorerà di speranza e di vita, formando una trama di solidarietà e consolazione a testimonianza del fatto che anche quando non si può guarire, si può e si deve sempre “curare”.

L’iniziativa avrà inizio l’11 febbraio in occasione della Giornata del malato e proseguirà sino a quando il “Filo della Cura” riuscirà a raggiungere i cuori di tutti”.

In foto: Don Giorgio Occhipinti e la dottoressa Antonella Battaglia

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Angela La Terra

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