Calissano è stato ucciso, secondo gli inquirenti capitolini, da un’intossicazione da farmaci antidepressivi.
Ma proprio negli anni che hanno preceduto la morte, stando all’oggetto degli accertamenti degli investigatori, il patrimonio dell’attore si sarebbe progressivamente assottigliato.
Per questo al centro delle verifiche vi sarebbe la gestione delle finanze dell’attore (La dottoressa Giò, General Hospital, Vivere, per citare alcune sue fiction ma anche Palermo Milano solo andata e Cucciolo tra i film interpretati durante la sua carriera) dell’amministrazione di sostegno, disposta dal tribunale di Genova nel 2006.
A dare il via alle verifiche degli inquirenti è stata una denuncia presentata in Procura dai familiari di Calissano.
Nell’esposto si parla di chi, per 13 anni, ha ricoperto il ruolo di amministratore di sostegno dell’attore, l’avvocato Matteo Minna, ora assistito dai colleghi Maurizio Mascia ed Enrico Scopesi.
“Per 15 anni sono stato anche il legale di Paolo Calissano — ha detto proprio Minna, contattato dal Secolo XiX, senza entrare nel merito delle accuse – Se i parenti hanno mosso delle contestazioni nei miei confronti, replicherò a queste nelle sedi opportune”. Il legale che affianca la famiglia Calissano, Santina Ierardi, non ha rilasciato dichiarazioni.
Quella di Calissano è stata una carriera sempre in bilico tra talento, lampi di popolarità e fortuna e poi quella caduta in una fatto di droga, quando, il 25 settembre del 2005, nella sua abitazione a Genova Ana Lucia Bandeira Bezerra, cittadina brasiliana di 31 anni, ballerina, stroncata da un’overdose di cocaina.
Un errore regolarmente pagato patteggiando quattro anni e con un lungo periodo in comunità. Quanto alla morte, giorni fa l’inchiesta lunga e complicata della Procura di Roma si è chiusa con una richiesta di archiviazione.
Roberto Calissano, fratello di Paolo, imprenditore, assistito proprio dalla penalista genovese Santina Ierardi, aveva detto di voler “liberare la memoria di Paolo dallo stigma della tossicodipendenza”.
Il pm che ha indagato per undici mesi sulla sua morte “aveva disposto un esame tossicologico molto approfondito. La conclusione è stata che mio fratello non è morto a causa di stupefacenti, ma per un’intossicazione da farmaci antidepressivi”.
Roberto aveva anche parlato di “indagini aperte presso altre Procure” e ora, appunto, si apprende di quella avviata a Genova. Filtra pochissimo dall’inchiesta condotta dal nucleo di polizia economico finanziaria e coordinati dal sostituto procuratore Francesco Cardona Albini.
Gli accertamenti si starebbero concentrando sul ruolo dell’attore all’interno di un paio di società.
Una di queste è la Autopark V maggio srl, finita con una liquidazione. Al vaglio una decina di bonifici partiti nel corso del 2019 da un conto intestato a Calissano. E destinati, come riportato nelle causali, a Minna, per spese e finanziamenti della Autopark. Un totale di circa 700 mila euro, dicono fonti giudiziarie.
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