Reintegrato al suo posto nel pool di indagine su stragi e delitti eccellenti. Nino Di Matteo, uno dei giudici più famosi d’Italia, riacquista la sua onorabilità grazie a un gesto del procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho: lui stesso l’aveva espulso mezzo anno fa dalla squadra investigativa – nelle funzioni di sostituto – per un’intervista televisiva ad “Atlantide” in cui Di Matteo “svelava” particolari sulle stragi del 1992.
Il magistrato ci ha ripensato, per evitare “aggravi procedurali e decisionali in un momento particolarmente delicato per la svolgimento delle funzioni e l’immagine della magistratura”, così ha scritto al Consiglio Superiore della Magistratura che intanto aveva aperto un fascicolo sul caso, ora del tutto inutilizzabile.
Di Matteo, oggi al Csm, ritornerà al suo posto sia alla Dna sia nel pool stragi. Sono contrari alla decisione 90 magistrati per i quali Di Matteo avrebbe parlato a sproposito, anticipando temi d’indagine, tradendo “la fiducia delle procure distrettuali impegnate nelle inchieste”.
Il giudice si è sempre difeso dicendo che i particolari raccontati (un biglietto scritto da un agente dei servizi segreti a Capaci, oltre a un dna femminile, la scomparsa da un computer del ministero della Giustizia dei diari di Falcone, il ruolo di Gladio nelle stragi) erano noti da anni. Nessun intralcio ai procedimenti, dunque.
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