Roberto Cavalli, il dolore di Elisabetta Canalis: “Sei l’unica persona a cui devo dire grazie”

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Roberto Cavalli non ha lasciato il segno soltanto nella moda. Il dolore espresso nei numerosissimi messaggi che stanno susseguendosi sui social di vip più e personaggi più o meni conosciuti dal grande pubblico manifesta quel che è stato anche umanamente.

Basta leggere quello pubblicato da Elisabetta Canalis.

“Ciao Robi, se c’è una persona a cui devo dire grazie sei tu e la tua famiglia”, scrive.

“Il fatto di non poter essere in Italia per darti l’ultimo saluto mi spezza il cuore, quanti ricordi insieme…”, aggiunge.

Avrai sempre un posto speciale nel mio cuore. Riposa in pace”, conclude la showgirl.

Cavalli si è spento a 83 anni nella sua Firenze. Da un anno era diventato padre del suo sesto figlio. Dopo Tommaso e Cristiana, nati dal suo primo matrimonio, Robert, Rachele e Daniele, dalle seconde nozze, l’8 marzo dello scorso anno è nato Giorgio, avuto con la compagna, la modella svedese Sandra Bergman, al quale ha dato il nome del padre ucciso fucilato della Wermatch, nel 1944, nel Comune di Cavriglia, in provincia di Arezzo.

I nazisti erano in ritirata, ma ebbero il tempo di sconvolgere per sempre la vita di bambini italiani, massacrando indiscriminatamente padri di famiglia così come quello dello stilista, che all’epoca aveva appena 4 anni e rimase profondamente ferito da quel che è stato costretto a subire, il padre sequestrato, strappato via, assassinato.

Tra i protagonisti della moda degli ultimi 50 anni, Cavalli ha contribuito a portare la bandiera del made in Italy nel mondo.

Non chiamatemi stilista – scriveva nella sua autobiografia Just Me – Il mio talento, piuttosto, è trovare ciò che rende speciale un tessuto, un abito, una donna, pensando sempre alla moda come fosse un sogno pret-à-portér, pronto per essere indossato”.

Nel capoluogo toscano ha dato vita alla sua impresa stilistica già negli anni Settanta. Visionario, estimatore del corpo femminile e costantemente ispirato dal mondo della natura tanto da rendere l’animalier una stampa da tutti i giorni.

Prima fu il ghepardo, subito negli anni ’70, poi negli anni ’90 arrivò lo zebrato e poi le fantasie a farfalla, leopardo, coccodrillo, lince, serpente e paillettes usate come squame di pesce. Il serpente è il simbolo della sua maison, che oggi ha boutique in tutto il globo.

Un successo che lo portò pure a tenere una lectio magistralis alla Oxford University.

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Redazione Nazionale

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