Sacra Sindone, le risposte possibili della scienza che investiga

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Un intervento illuminante per capire quanta strada si sia fatta sulla ricerca della Verità sulla Sacra Sindone è il seguente del medico forense spagnolo Alfonso Sánchez Hermosilla, che fa parte del Comitato Scientifico degli studi sul prezioso reperto (nella foto, con un altro prestigioso componente del Comitato, l’ingegnere e scienziato Massimo Rogante). Una lettura piacevolissima che Sánchez Hermosilla dona ai lettori del nostro giornale.

“I risultati della ricerca sulla Sindone condotti con la freddezza e il distacco della metodologia scientifica non permettono di lasciare indifferente alcun ricercatore capace d’isolarsi da pregiudizi e preconcetti, anche se a prima vista sembra non sia così: la riflessione, la ricerca e la sperimentazione dimostrano che i preconcetti erano inesatti e che ‘tutto è come dovrebbe essere’.

È interessante dal punto di vista di qualsiasi branca della scienza e, naturalmente, dal mio punto di vista personale come medico legale e paleopatologo, lo rende l’oggetto archeologico più interessante che io conosca, seguito da vicino da un altro oggetto: il sudario di Oviedo, che sarà più avanti menzionato.

La Sindone di Torino, date le sue caratteristiche, è di difficile indagine, trattandosi di un oggetto antico di incalcolabile valore scientifico, storico, metafisico e probabilmente anche economico. La metodologia utilizzata, pertanto, deve essere minimamente invasiva, o meglio ancora, non invasiva, per non sottoporre l’oggetto stesso e le informazioni in esso contenute a stress inutili, ma anche per non inficiare ricerche future con metodi che i progressi scientifici porranno a disposizione dei ricercatori e che, in questo momento, non siamo nemmeno in grado di immaginare.

La prima cosa che ha attirato la mia attenzione allorché ho iniziato le indagini sulla Sindone è che, dal punto di vista della Medicina Legale e Forense, i risultati “sono ciò che dovrebbero essere e sono dove dovrebbero essere”, anche se a prima vista sembra non sia così, la riflessione, la ricerca e la sperimentazione dimostrano che i preconcetti erano inesatti e che “tutto è come dovrebbe essere”. Un esempio, i segni attribuiti a lesioni di chiodi non sono sui palmi delle mani, come li immaginiamo noi, e come sono stati rappresentati in stragrande maggioranza nelle opere d’arte che rappresentano questo tema lungo tutta la storia dell’Arte Sacra. Sono dove dovrebbero essere, nell’area anatomica chiamata Carpo, vale a dire in quello che chiamiamo il polso. Il gentile lettore mi permetta un piccolo ricordo di ciò che ci è stato insegnato alle elementari:

– Domanda: quali sono le parti della mano?

– Risposta: carpo, metacarpo e dita.

Quindi, oh sorpresa!, il carpo fa parte della mano e non dell’avambraccio.

Questo è solo un esempio, la ricerca scientifica della Sindone non delude, a volte, molto spesso sorprende e scoraggia, mostrando risultati inaspettati che, in prima approssimazione, sembrano confermare l’ipotesi che non sia autentica, che si tratti di un geniale manufatto realizzato da mani umane con chissà quali intenzioni. Ma quegli stessi risultati, qualche tempo dopo, si rivelano essere la pietra angolare che dimostra il contrario, se non ci fossero potresti pensare che sia un falso.

Un altro fatto sorprendente è l’immagine che mostra, nota come “Immagine Sindonica”, facilmente identificabile con una figura umana, e che gli scettici definiscono “un dipinto”, senza preoccuparsi di provare se tale affermazione sia certa o no.

Le opinioni sono libere, ognuno di noi può avere quella che gli sembra migliore. Ma i fatti sono inamovibili, non basta affermare o negare qualcosa, in campo scientifico bisogna dimostrarlo, con prove inconfutabili, o con esperimenti che lo confermino o lo neghino. E naturalmente, fino ad ora, utilizzando tecnologie antiche o moderne, nessuno è stato in grado di riprodurre l’immagine della Sindone con tutte, sì, CON TUTTE le sue caratteristiche. La situazione reale è che, ad oggi, nessuno sa esattamente come sia stata prodotta, e nessuno è riuscito a riprodurla, nemmeno con i metodi più moderni.

Non si conosce, infatti, nessun altro oggetto archeologico con simili caratteristiche, ma nemmeno oggetti moderni, e tutto questo, in nessuna area storica, culturale o geografica.

Di per sé, la Sindone non smette mai di sorprendere ogni tanto con nuovi dati scientifici, ma si scopre anche che sembra essere correlata a un altro oggetto archeologico chiamato il Sudario di Oviedo.

La situazione attuale del processo di ricerca scientifica è la seguente: l’elevato numero di concordanze antropometriche e medico-forensi ci consente di concludere che entrambi gli oggetti coprivano il cadavere della stessa persona.

Entrambi gli oggetti hanno informazioni concordanti, ma anche informazioni complementari: nel momento in cui una parte di quella specifica informazione appare solo in uno di questi oggetti, tuttavia la sua presenza condiziona altri risultati nell’altro, e tutto questo, reciprocamente.

Alcuni ricercatori, molto ottimisti, ritengono che entro non molto l’indagine scientifica sulla Sindone possa essere terminata, io non sono così ottimista. Bene, perché un singolo millimetro quadrato della tela contiene informazioni sufficienti per tenere occupate diverse generazioni di ricercatori utilizzando solo la tecnologia disponibile oggi, per non parlare di ciò che porta il futuro.

Al momento, il livello di complessità della ricerca è di tale portata che è assolutamente necessario, anzi indispensabile, un team multidisciplinare di ricercatori che includa praticamente tutti i rami della conoscenza umana. Una sola specialità scientifica darebbe una visione della realtà assolutamente miope e frammentaria. Una realtà per la quale non si percepisce un orizzonte finale, un limite percettibile. Se l’indagine scientifica della Sindone ha una fine (non confondiamo la fine con la finalità), oltre la quale si trova solo il nulla, è ancora così lontana che non è neppure intuita”.

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Redazione Nazionale

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