Non è la prima volta che succede sulle piste da sci del Trentino (ma accade anche altrove) e forse non sarà l’ultima. La vicenda raccontata da Aurora (nome di fantasia per tutelare la privacy ndr) è avvenuta negli scorsi giorni sugli impianti di Pampeago, dove a fine giornata c’è chi sceglie di intrattenersi nei rifugi, bevendo qualche drink, per poi rientrare a valle a piedi quando le strutture chiudono.
“Il problema è che diversi – riporta la donna a Il Dolomiti – rientrano non soltanto ubriachi ma anche senza attrezzatura: alcuni addirittura si ritrovano a camminare senza sapere dove sono. E lo dico per esperienza: mi è già capitato due volte di dover aiutare giovani in difficoltà, fra chi si era perso e urlava aiuto e chi, invece, ha tentato di rientrare a valle camminando al buio (e in Birkenstock) sulla neve”.
Che la montagna e i suoi frequentatori siano negli anni cambiati è un dato di fatto: lo testimoniano gli innumerevoli interventi del Soccorso alpino (con cifre in continuo aumento ndr) ma anche il racconto di quei rifugisti che sulle terre alte ci bazzicano e ci vivono da sempre. Ad aggiungersi alle tante voci, è ora quella di Aurora, sciatrice del posto, che spiega: “Qualche sera fa stavo rientrando da una giornata sugli sci quando lungo l’unica pista percorribile dopo la chiusura degli impianti ho incontrato due ragazzi completamente ubriachi e in difficoltà”, ricorda.
“Erano in ciabatte e procedevano al buio (erano le 17e30 ndr) senza nemmeno una torcia, con il rischio di essere travolti da qualcuno o da un mezzo: erano peraltro completamente ubriachi – fa sapere – Temendo il peggio, mi sono subito fermata e ho tirato fuori dal mio zaino la mia torcia frontale di scorta, che ho lasciato a loro. Prima di salutarci, mi avevano promesso che me l’avrebbero fatta trovare in un bar a valle, cosa che ovviamente non è mai accaduta: me l’aspettavo, soprattutto per le condizioni in cui si trovavano. L’indomani, molto probabilmente, non si ricordavano nemmeno dove l’avevano presa”.
Un fatto, che conduce ad un’inevitabile riflessione: “Capita di bere qualcosa dopo una giornata sulle piste ma fin troppo spesso si sottovaluta la montagna – prosegue Aurora – Ci si approda senza attrezzatura, mettendo a rischio non soltanto se stessi ma anche gli altri e questa è una cosa su cui è necessario cominciare a riflettere. Non è per la torcia in sé, che è solo un oggetto, ma ci sono rimasta male per il comportamento dei due: dalla poca riconoscenza alla leggerezza con cui li ho visti aggirarsi sulle piste da sci al buio. Insomma, non è così che si va in quota”.
Poco tempo prima, la sciatrice si era ritrovata a dover prestare soccorso ad un’altra persona, sempre nella stessa zona: “Anche quella volta un ragazzo ubriaco, che non sapeva nemmeno dove fosse finito. Aveva peraltro smarrito il cellulare: l’ho aiutato a ritrovarlo sotto alla neve. Ci abbiamo impiegato un’ora. L’ho infine accompagnato a valle in un bar per bere un po’ d’acqua ed è poi tornato a casa”.
Insomma, piccoli (ma non troppo) episodi che mostrano quanto un po’ troppo spesso si scelga di andare in montagna senza i giusti accorgimenti: “Da parte mia sarò sempre disponibile ad aiutare – conclude la sciatrice -. Certo è che la speranza è quella che le persone comincino ad informarsi e prepararsi al meglio”.
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