Tra il 1994 e il 2006 ha terrorizzato il Nordest Italia con una serie di pacchi-bomba: si tratta di Unabomber, un caso rimasto irrisolto per anni ma che adesso potrebbe clamorosamente riaprirsi grazie alle nuove tecnologie.
In seguito a nuove indagini sono 11 le persone indagate, tra le quali ci sono anche due persone già note: i fratelli Elvo e Galliano Zornitta. In particolare il primo era tra i principali sospettati, anche se poi è stato scagionato da ogni accusa.
Tra i nomi ce n’è uno completamente nuovo, un 61enne di Cagliari che vive a Gaiarine, in provincia di Treviso senza un lavoro fisso. I carabinieri del Nucleo investigativo di Treviso lo hanno segnalato lo scorso 26 dicembre e hanno già provveduto a perquisire la sua abitazione, accertandosi che non avesse mai avuto contatti con Elvo Zornitta e gli altri indagati.
Il procuratore di Trieste Antonio De Nicola ha precisato: “La Procura ha dovuto iscrivere nel registro degli indagati una persona sulla base di una fonte dichiarativa la cui attendibilità appare problematica ed è tutta da verificare”.
Nell’elenco dei 28 attentati, che causarono numerosi feriti gravi, se ne aggiunge un altro finora rimasto sconosciuto: una bottiglietta di Coca-Cola con un esplosivo che fu ritrovata da un cacciatore il 28 ottobre del 2007 a Zoppola, in provincia di Pordenone. I reati ipotizzati sono di attentati per finalità terroristiche o di strage, con l’aggravante dell’associazione con finalità di terrorismo.
Una decina di reperti recuperati sui luoghi di 5 attentati saranno esaminati per estrare tracce biologiche e confrontarle con i profili genetici degli 11 indagati. Nello specifico si tratta di: peli ritrovati in un ordigno inesploso il 6 marzo 2000 inserito in una bomboletta di stelle filanti al Carnevale di San Vito al Tagliameno; i peli su un uovo-bomba inesploso lasciato il 31 ottobre 2000 in un supermercato di Portogruaro; i peli ritrovati su un tubo-bomba che nel novembre 2000 ferì una donna in una vigna a San Stino di Livenza; un nastro isolante su una confezione di pomodoro esplosa in mano ad una donna il 6 novembre 2000; un nastro isolante usato per imbottire un tubetto di maionese di esplosivo ritrovato in un supermercato nel novembre 2000 a Rovereto in Piano.
A quanto pare ci sarebbero ancora altre impronte da analizzare ritrovate su una bomba inesplosa trovata nel bagno del Tribunale di Pordenone del 2003. Il gip ci ha tenuto comunque a chiarire: “Va chiarito che al momento non sono stati acquisiti a carico di alcuno dei soggetti sottoposti a indagine elementi più significativi e che la loro menzione in questa sede deriva soltanto dall’esigenza di evitare possibili future prospettazioni di nullità o inutilizzabilità dei risultati dell’incidente probatorio richiesto”.
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