Pubblicato il 9 Ottobre 2025
L’attore che conquistò Alan Parker e il pubblico di tutto il mondo
Amava ripetere con ironia che la sua fortuna stava tutta negli occhi verdi: “Senza quelli – diceva Paolo Bonacelli, scoppiando nella sua risata da baritono – Alan Parker non avrebbe mai preso un italiano per fare il turco in Fuga di mezzanotte. A Hollywood non ci sarei mai arrivato. Non che mi interessasse molto, ma pagavano bene!”.
Paolo Bonacelli, uno dei più grandi attori del teatro italiano, si è spento a Roma a 88 anni. Seguace del buddismo, credeva nella reincarnazione, ma sul palcoscenico, nel cinema e nella televisione, la sua anima continuerà a rivivere ogni giorno grazie alla sua straordinaria capacità di essere “uno, nessuno e centomila”.
Dalle origini al debutto con Gassman
Nato a Civita Castellana il 28 febbraio 1937, Bonacelli si è diplomato all’Accademia d’Arte Drammatica di Roma. Fu Vittorio Gassman a chiamarlo per il debutto nel 1962 con Questa sera si recita a soggetto del Teatro Popolare. Da quel momento, si rivelò un “animale da palcoscenico”, capace di ipnotizzare il pubblico con la voce potente, la presenza fisica imponente e una dizione perfetta, in grado di passare dal tono suadente al roboante con naturalezza.
Appartenente alla stessa generazione di Glauco Mauri, Gianni Santuccio, Massimo De Francovich e Romolo Valli, Bonacelli rappresentava quella scuola di interpreti carismatici che riempivano la scena senza bisogno di artifici, solo con la forza del talento e dell’intelligenza.
Il teatro, sua “moglie” fedele
Per tutta la vita Bonacelli è rimasto profondamente legato al teatro, definendolo la sua “moglie”. Amava la vita in tournée, le compagnie, le cene dopo lo spettacolo. Raffinato gourmet, era celebre tra i colleghi per la sua mania di cercare sempre “il ristorante dove si mangia bene”, arrabbiandosi se lo trovava chiuso dopo le repliche.
In radio, la sua lettura integrale dei “Tre moschettieri” per Radio Rai resta una prova esemplare del suo talento: in lui convivevano D’Artagnan, Aramis, Athos e Porthos, ognuno reso unico e riconoscibile. “Io non sono colui che porto in scena – diceva – ma l’accompagnatore della fantasia dell’autore. Quando cala il sipario, resto solo Paolo, con la mia vita e le mie passioni.”
Il cinema, la sua “amante generosa”
Se il teatro fu la sua sposa, il cinema fu la sua amante generosa, quella che gli regalò la popolarità internazionale. Tutti lo ricordano come:
- l’avvocato di “Johnny Stecchino”, accanto a Roberto Benigni,
- il marinaio di “Comandante” di Edoardo De Angelis,
- e soprattutto il crudele gerarca fascista di “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini, ruolo che lo rese celebre nel mondo.
Bonacelli debuttò sul set nei primi anni ’60, notato da Mario Mattoli in Cadavere per signora (1964). Da allora ha lavorato con i più grandi registi italiani, tra cui Ettore Scola, Giuliano Montaldo, Mauro Bolognini, Liliana Cavani, Roberto Rossellini, Francesco Rosi, Michelangelo Antonioni e Marco Bellocchio.
Indimenticabile la sua interpretazione in Cristo si è fermato a Eboli, capolavoro di Rosi. Eppure non disdegnò mai il cinema popolare, partecipando a commedie come Rimini Rimini o Io speriamo che me la cavo.
La televisione e gli ultimi anni
Anche la Rai conserva un archivio ricchissimo dei suoi lavori: da I racconti di Padre Brown (1965) ai Promessi sposi di Salvatore Nocita, passando per le produzioni dirette da Daniele D’Anza, Sandro Bolchi, Damiano Damiani e Carlo Lizzani.
Negli ultimi anni aveva rifiutato diverse proposte televisive, scegliendo solo progetti che sentiva pienamente suoi.
La sua filmografia supera i 100 titoli, segno di una carriera imponente e coerente. L’ultima apparizione risale alla Mostra del Cinema di Venezia con In the Land of Dante di Julian Schnabel, un ruolo che chiude in modo simbolico il suo percorso artistico.
L’eredità di un gigante
Oggi il pubblico e i colleghi ricordano in lui un attore monumentale e insieme umile, capace di cambiare pelle come pochi altri. Paolo Bonacelli rimane nella memoria come un interprete dallo sguardo magnetico, elegante e imprevedibile, un artista totale che ha attraversato teatro, cinema e televisione con la stessa intensità.
Chiunque lo abbia visto almeno una volta sul palco o sullo schermo sa che non potrà mai essere rinchiuso in un solo ruolo, perché Paolo Bonacelli era davvero tutti e nessuno — e i suoi occhi verdi continueranno a vivere nella storia dello spettacolo italiano.

