Pubblicato il 24 Aprile 2025
Un’operazione delle Fiamme Gialle ha inflitto un nuovo duro colpo alla mafia catanese. I finanzieri del Comando Provinciale di Catania, su delega della Procura Distrettuale della Repubblica, hanno dato esecuzione a un provvedimento antimafia disposto dal Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione.
Il sequestro ha un valore complessivo di oltre 1,3 milioni di euro ed è riconducibile a Giuseppe Scarvaglieri, noto come “Pippo u Zoppu”, e Salvatore Calcagno, detto “Ballalla”, due elementi di spicco del clan Scalisi, cellula del potente gruppo mafioso dei Laudani, attivo nel territorio di Adrano.
Nel mirino immobili, veicoli e un’impresa
I beni sequestrati comprendono:
- 6 fabbricati (1 a Nicolosi, 3 ad Adrano e 2 a Giardini Naxos)
- 1 terreno
- 3 autovetture e 1 motociclo
- 1 ditta individuale attiva nel trasporto merci su strada, con sede ad Adrano
- Diversi rapporti finanziari riconducibili agli indagati
L’operazione si inserisce nell’indagine “Follow the Money”
Il sequestro rappresenta un’evoluzione dell’indagine “Follow the Money”, già condotta nel 2021 dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania. All’epoca, erano stati bloccati beni per circa 75 milioni di euro, ritenuti sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati.
Le indagini avevano portato all’arresto di Scarvaglieri e Calcagno, accusati di:
- Associazione mafiosa
- Trasferimento fraudolento di valori, finalizzato a rafforzare gli interessi economici del clan
Condanne confermate e nuovi elementi di pericolosità
Recentemente, in appello, sono state confermate le condanne emesse in primo grado:
- 3 anni e 8 mesi per Giuseppe Scarvaglieri
- 11 anni e 4 mesi per Salvatore Calcagno
Entrambi sono stati qualificati come soggetti socialmente pericolosi, abitualmente coinvolti in attività delittuose e capaci di infiltrarsi nel tessuto economico, anche attraverso imprese operative a livello nazionale.
Ricchezze incompatibili con i redditi leciti
Le indagini economico-finanziarie hanno evidenziato una netta sproporzione tra il tenore di vita e i redditi dichiarati. Questo squilibrio è stato uno degli elementi centrali che ha permesso il sequestro: le ricchezze accumulate non trovavano giustificazione legale, confermando il radicamento del clan nel tessuto produttivo ed economico della zona.

