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Calcio Catania

Calcio Catania, il dolore dei Massimino: “Mio nonno e mio padre hanno dato la vita”

Pubblicato il 23 Dicembre 2021

“Quando contestavo Pulvirenti mi fu detto che lo facevo per esaltare mio Nonno. C’è chi mi accusava di fare paragoni. Hanno contestato in vita mio Nonno, lo hanno rimpianto e osannato dopo la morte. Solo quando perdi qualcosa ti rendi conto di ciò che possedevi”. Il Calcio Catania è fallito e per chi nelle vene ha il sangue di Angelo Massimino, quella di ieri, quando il Tribunale ha cancellato la storica matricola 11700, è stata la giornata più buia.

Perché per la famiglia del Presidentissimo i colori rossazzurri sono la passione vissuta fin dall’infanzia, il senso di appartenenza, il destino imposto, accettato, amato.

A esternare e sintetizzare quel che sta suscitando il fallimento avviato dalla fase discendente del periodo con al timone della società Nino Pulvirenti e grottescamente traghettato dalla Sigi sugli scogli della tracotanza per il naufragio definitivo è Luigi Inzalaco, nipote di Angelo Massimino, figlio di Pino Inzalaco, accanto al suocero fino all’ultimo respiro, per poi raccoglierne il testimone insieme con altri familiari.

“Dopo mio nonno abbiamo preso noi il timone, ci chiamavano gli eredi, ci hanno descritto come una società a gestione familiare che non aveva capacità manageriali. I giornalisti sempre contro anche quando si vinceva, la Catania bene assente, capace di chiedere solo biglietti e abbonamenti omaggio, abbiamo lasciato con una promozione ed una società sana”, parla senza mezzi termini, così come è nel suo stile, schietto.

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Pino Inzalaco con Grazia Codiglione, la moglie di Angelo Massimino, ritratti durante il primo anniversario della scomparsa del Presidentissimo

Dopo la rinascita dall’Eccellenza in cui il Catania era stato costretto a sprofondare dall’ingiusta radiazione subita il 31 luglio del 1993 e la riconquista, due anni dopo, del professionismo con la conquista della promozione in C2 nella memorabile a trasferta a Gangi, nel palermitano, i colori rossazzurri rimangono vivi grazie ancora a Massimino, rimasto alla guida anche dopo la pugnalata alle spalle dell’allora presidente della Figc Antonio Matarrese.

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Una delle formazioni del Catania promosso in C2 con in panchina il tecnico Angelo Busetta

Il Presidentissimo resiste anche quando la salute non lo sorregge più, quando il diabete lo condanna alla cecità. Sarà gli Inzalaco, e i Conti, e i Russo il suo bastone e la sua vista, fino al tragico incidente stradale del 4 marzo del ’96 che interromperà brutalmente un’ epoca, quella del Cavaliere rossazzurro cominciata nel 1969.

Prima di vendere ci siamo assicurati che la famiglia Gaucci desse determinate garanzie e sempre in punta di piedi , senza proclami, senza foto ad effetto, senza polpette, detta alla catanese, come mio nonno ci aveva insegnato, ci siamo defilati, siamo spariti tutti. Abbiamo lasciato perché non potevamo garantire un futuro radioso al Catania Calcio, sempre nel rispetto dei colori che mio nonno ci ha fatto amare”, Luigi Inzalaco è un fiume in piena, ricorda quando, dopo la promozione in C1 con in panchina Piero Cucchi e al vertice della società la moglie di Angelo Massimino, Grazia Codiglione, scomparsa lo scorso 9 febbraio.

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Una delle formazioni del Catania promosso in C1

“SIGI? HO TROVATO DI GATTIVO GUSTO FARSI CHIAMARE DIRIGENTI”

Mio Nonno ha perso la vita, mio padre ha rischiato di perderla nell’incidente, dopo pochissimi anni però, dopo aver raggiunto la promozione ha avuto un ictus a causa del forte stress (l’ingegnere si spegnerà il 15 dicembre del 2017, ndr). Per noi è sempre stato più di un club sportivo, per molti l’occasione per fare vetrina e farsi pubblicità – continua – Conosco molti della Sigi e per me è difficile esprimermi anche perché sono abituato a parlare sempre su ciò che vivo in prima persona. Una cosa sola però posso dirla per esperienza. Presidente si può far chiamare solo chi mette i soldi. Ho dapprima ringraziato personalmente chi 2 anni fa ha salvato la matricola, adesso però non posso congratularmi con nessuno di loro perché, visto che nessuno dei soci voleva investire soldini dovevano trovare un finanziatore e gestire oppure vendere a terzi a qualsiasi cifra per il bene del Catania e loro. Reputo che da questo punto di vista i soci non si siano mossi assolutamente bene”.

“SONO TRISTE ANCHE PER I CREDITORI”

“Anzi visto che non sono io a dover definire chi ha commesso errori cito la sentenza del tribunale, il Catania Calcio 1946 matricola 11700 è fallito – non fa sconti, Inzalaco – Dunque chi ha amministrato negli ultimi 6 anni è un fallito. Ho trovato di cattivo gusto farsi chiamare dirigenti, presidenti, soci e poi chiedere soldi alla persone, mettere in mostra il curriculum della propria azienda sana e poi non mettere mano al portafoglio ma pretendere un titolo che proprio non spettava a nessuno. Una parola però la voglio spendere per coloro i quali sono creditori del Calcio Catania. Le aziende che hanno prestato servizi e forniture che adesso vedranno i propri crediti dissolversi nel vento“.

“Sono triste, amareggiato perché non intravedo un futuro e perché dovremo aspettare chissà quanti anni affinché il Catania Calcio sia l’orgoglio di noi catanesi che senza alcun scopo economico amiamo incondizionatamente questi colori – conclude – Il sindaco Salvo Pogliese, amareggiato per quanto accaduto perché so che è un vero tifoso, dovrà fare da garante per noi tifosi affinché personaggi senza portafoglio e capacità stiano lontani dal nostro amato Catania. Vogliamo gente seria che produce solo fatti. Mi fido del mio sindaco. Rimango in attesa di buone notizie”.