Pubblicato il 16 Maggio 2025
Il Tribunale Civile di Roma ha recentemente accolto il ricorso di un uomo, 50enne di origini romane, che aveva denunciato le condizioni di detenzione subite nel Carcere di Cassino, accogliendo la sua richiesta di risarcimento. L’uomo, condannato anche per reati nel Golfo di Gaeta, ha ottenuto un risarcimento di 2.808 euro più interessi e spese legali per le sofferenze causate dalle condizioni di detenzione ritenute incompatibili con le normative internazionali. La sentenza rappresenta una vittoria per il ricorrente, ma anche un importante precedente sulla tutela dei diritti dei detenuti.
Le condizioni di detenzione: una questione di spazio vitale
L’uomo, che ha scontato la sua pena nel carcere di Cassino dal 2018 al 2023, ha sostenuto che per un periodo di 351 giorni era stato costretto a vivere in uno spazio vitale inferiore a tre metri quadrati, un dato che non rispetta le indicazioni del Comitato europeo di prevenzione della tortura, che stabilisce una superficie minima di quattro metri quadrati per ogni detenuto. Secondo la legge internazionale, le carceri devono garantire condizioni di vita che rispettino la dignità umana, e l’uomo ha riuscito a dimostrare che le dimensioni inadeguate della sua cella hanno influito in maniera negativa sul suo benessere psicofisico.
La denuncia e il ricorso al Tribunale di Roma
A causa delle condizioni disumane in cui si trovava, il detenuto ha deciso di fare causa al Ministero della Giustizia, chiedendo un risarcimento per il trattamento subito, che violava l’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. La difesa del ricorrente, rappresentata dagli avvocati Vincenzo e Matteo Macari, ha fornito la documentazione necessaria per dimostrare le violazioni delle condizioni di detenzione, sostenendo la tesi di un trattamento contrario ai diritti umani.
La risposta del Ministero della Giustizia e la sentenza finale
Nonostante la difesa del Ministero della Giustizia, che ha cercato di rigettare la richiesta, il Tribunale di Roma ha accolto le argomentazioni del ricorrente, stabilendo che le condizioni di detenzione fossero effettivamente incompatibili con i principi di rispetto della dignità umana. La sentenza del Tribunale ha sottolineato che le condizioni di detenzione devono rispettare la salute e la dignità dei detenuti, prevedendo spazi e trattamenti adeguati.
“Lo Stato deve assicurare che le condizioni di detenzione siano compatibili con il rispetto della dignità umana e adeguate allo stato di salute del detenuto”, si legge nella motivazione della sentenza. La condanna impone quindi al Ministero della Giustizia di risarcire l’uomo per il danno subito.
Una sentenza di civiltà giuridica e umana
I legali del ricorrente, Vincenzo e Matteo Macari, hanno definito la sentenza come una “pronuncia di civiltà giuridica ed umana”, sottolineando come la decisione riconosca finalmente l’importanza di garantire diritti fondamentali anche in ambito carcerario. La condanna rappresenta un segnale forte per tutti gli istituti penitenziari, indicando che il trattamento dei detenuti deve sempre rispettare criteri di umanità e dignità.

