Pubblicato il 19 Dicembre 2023
Solo qualche mese fa ci fu una violentissima rivolta popolare contro il regime in Iran per protestare contro la morte di Masha Amini, arrestata dalla polizia morale per non aver indossato il velo correttamente. Nonostante quella rivolta sanguinosa poco sembra essere cambiato in Iran, dove il 20 dicembre ci dovrebbe essere l’esecuzione di Samira Sabzian, sposa bambina in carcere da 10 anni e condannata a morte con l’accusa di aver ucciso il marito.
La condanna a morte di Samira
Samira fu costretta a convolare a nozze col marito ad appena 15 anni e nel 2013, 4 anni dopo, avrebbe assassinato il marito per avvelenamento. La sua esecuzione era prevista il 13 dicembre ma poi è stata rimandata e riprogrammata al 20 dicembre nel carcere di Qarchak, a Teheran.
Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore della Ong “Iran human rights” che ha sede in Norvegia, ha lanciato un appello disperato su X: “A questo punto soltanto una forte reazione internazionale può salvare la sua vita. Lanciamo un appello a tutti i Paesi che hanno relazioni diplomatiche con la Repubblica islamica per chiedere di fermare l’esecuzione della pena capitare di Samira prima che sia troppo tardi”.
Il codice penale islamico
Secondo il codice penale degli ayatollah, basato sulla legge islamica, chi si è macchiato di omicidio volontario deve pagare automaticamente con la vita, indipendentemente dalle motivazioni o dal contesto nel quale è maturato il delitto. Solo la famiglia della vittima può sospendere l’esecuzione, concedendo la grazia all’assassino e chiedendo in cambio un risarcimento pecuniario.
Dal giorno della sua incarcerazione Samira ha visto finalmente i figli dopo 10 anni, esattamente una settimana prima dell’esecuzione. Alla donna, oggi quasi 30enne, era stato impedito di vedere i figli nella speranza di convincere i nonni, con i quali sono cresciuti i piccoli, a concedere la grazia. Così invece non è stato e i nonni hanno deciso che la nuora deve morire.
Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa Hrana, Samira soffre di gravi problemi di salute: non sarebbe in grado di parlare e sembra che sia stato portata in tribunale sulla sedia a rotelle. Non è chiaro se si tratta di una malattia o delle conseguenze delle violenze subite in carcere.
Una morte misteriosa
Non sono mai state chiarite le circostanze della morte dell’uomo, che viveva con la moglie Samira a Varamin, una provincia di Teheran. Secondo Rakna, un giornale filo-governativo, Samira avrebbe cospirato con la sorella minore Sara per avvelenare l’uomo. Le due donne sono state definite “malvage” dal giornale, mentre l’Ong “Iran human rights” ha detto che “Samira, come tante altre donne nel braccio della morte, è vittima del sistema di apartheid di genere della Repubblica islamica”.

