Pubblicato il 6 Settembre 2023
Un’onda di commozione ha invaso la zona. E’ la giornata dell’addio a “Giogiò”, così come chiamavano familiari ed amici Giovanbattista Cutolo, il talentuoso musicista dell’orchestra Scarlatti ucciso a 24 anni a Napoli, in piazza Municipio, da tre proiettili sparati da un 17enne.
Corone di fiori bianchi, lo stesso colore dei palloncini, striscioni e lacrime.
Il caldo torrido non scoraggia nessuno. In tanti hanno raccolto l’appello della mamma di Giogiò: rendere questo giorno, questo addio, un momento per dire “No” alla città malata e rilanciare la forza delle anime belle di Napoli. E così dietro le transenne centinaia di persone si vanno lentamente disponendo in fila. Ci sono i boy scout che si avviano a prendere posto tra le navate, tanti amici di sempre. E moltissimi ragazzi che hanno portato con loro il proprio strumento musicale, a ricamare in fil rouge con la giovane vittima di quella maledetta notte di follia nel centro di Napoli.
“Chiedo rispetto, silenzio. E giustizia per mio figlio”, dice la mamma di Giovanbattista, Daniela Di Maggio, al suo arrivo sul sagrato accolta anche da applausi. Saluta i presenti e dice: “È il momento del dolore e del
raccoglimento. Giovanbattista ci teneva al rispetto e alla legalità. Fatelo per lui – raccomanda – siate discreti in queste ore di dolore insopportabile”. Quasi in contemporanea fende la folla della piazza anche il papà del giovane musicista ucciso, il regista teatrale Franco Cutolo.
Alle 14 l’arrivo della bara nella piazza è salutato da due ali di folla mentre la chiesa è piena fino all’inverosimile per tutta la sua capienza, pari a 1.200 posti.
La salma è in una bara bianca portata a spalla in un silenzio che si scioglie in un applauso e al grido di “Giustizia” che si leva dalla folla. L’applauso in chiesa è ancora più forte, potente, inarrestabile. La gente è in tutta piedi mentre la bara viene poggiata in mezzo alla navata centrale del Gesù Nuovo. Il corno del giovane musicista è posto su di essa con una foto di Giovanbattista e i genitori sono ai suoi piedi. Disperati. Un nuovo urlo: “Non è giusto”. Piangono tutti. “È stata colpita una comunità intera. Ha ammazzato una comunità intera quel balordo», ripete la madre del giovane che non sa darsi pace. «Tutto questo per andarsi a mangiare un panino… è inaccettabile”.
Arriva il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Si ferma accanto ai genitori del ragazzo e li abbraccia. È accompagnato da Amedeo Laboccetta. Poi spunta la sagoma del governatore Vincenzo De Luca, anche lui ha parole di cordoglio per la mappa e il papà di Giovanbattista. L’emozione è palpabile al passaggio di ognuno, dalle persone comuni e amici che vogliono stringersi ai familiari ai rappresentanti delle istituzioni. Si intravedono Giorgio Zinno, sindaco di San Giorgio a Cremano, e l’ex sindaco e governatore Antonio Bassolino con la moglie Annamaria Carloni. Arrivano anche Maurizio de Giovanni e la compagna Paola Egiziano. C’è Sylvain Bellenger, direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte, e l’assessore alla Sicurezza del Comune, Antonio De Iesu. Dopo un po’ arriva anche la collega con delega al Turismo, Teresa Armato.
È arrivato nel frattempo anche il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi insieme con la moglie Cettina Del Piano che si ferma a salutare la famiglia di Giogiò. Il capo della Squadra mobile della Questura di Napoli, Alfredo Fabbrocini, si ferma anche lui a salutare personalmente Franco e Daniela. Stringe forte le mani del papà, poi l’abbraccio alla madre. Fabbrocini è colui che con i suoi agenti ha individuato nel giro di qualche ora dall’omicidio il 17enne che ha materialmente esploso i colpi d’arma da fuoco verso il giovane musicista. Oggi è qui come uomo prima che come poliziotto. Dopo qualche minuto arriva in chiesa anche il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Va anche lui dritto verso i familiari del ragazzo e si ferma a parlare con loro.
Prima che abbia inizio in rito funebre celebrato dall’arcivescovo Mimmo Battaglia, nel frattempo comparso nelle navate, Ludovica, la sorella maggiore di Giovanbattista, affida ad un’amica di nome Rosaria una lettera che viene letta al microfono. “Napoli sei tu e non Gomorra, non è Mare fuori o il Boss delle cerimonie”, sostiene Ludovica Cutolo.
“Mamma sta lottando per te, con la forza di cento uomini – aggiunge – perché non puoi essere definito da quello che ti è successo. Io non sono figlia unica. Siamo sempre Giogiò e Lulù”. Negli stessi istanti entra nella chiesa anche l’attrice Cristina Donadio, che in Gomorra ha impersonificato il personaggio di Chanel.
Qualche istante prima della messa la bara viene spostata dal centro della navata fin sotto l’altare. A Caricarsela sulle spalle sono ora gli amici, molti di loro vestono magliette bianche con sul davanti la foto del ragazzo e sulla schiena l’immagine del corno che suonava il musicista ammazzato. Sulla bara è adagiato un cuscino di rose che formano note musicali; poi ce n’è anche un altro del Comune di Napoli. Da una cappella laterale arrivano le note musicali della Scarlatti Young. Si intravedono il prefetto di Napoli, Claudio Palomba, il questore Maurizio Agricola, l’attore Giacomo Rizzo. Ci sono anche i cantanti neomelodici Rosario Miraggio, Gianluca Capozzi e il premio David di Doinatello, Franco Ricciardi. Due suonatori di corno, lo strumento di Giovanbattista, introducono la funzione. La commozione ora è a mille.
Mentre il Gesù Nuovo continua a riempirsi là dove è ancora possibile l’arcivescovo Battaglia attacca con la sua omelia. “Giogiò vive, non siamo qui per pregare per lui ma con lui”. Tra le navate sono giunti ora anche il vicepresidente della Camera, Sergio Costa, la sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento, Pina Castiello, gli assessori regionali Bruno Discepolo e Mario Morcone, la deputata Annarita Patriarca con accanto il compagno e rettore dell’università della Campania, Gianfranco Nicoletti, il consigliere regionale ed ex rettore dell’università di Salerno, Aurelio Tommasetti.
In chiesa anche l’ex bomber del Napoli di un tempo, l’argentino “Pampa” Sosa ormai napoletano. Ad un certo punto la signora Daniela, mamma di Giovanbattista, cambia posto in chiesa e va ad accomodarsi accanto al prefetto Palomba. I due parlano fitto fitto per alcuni minuti. La pagina del Vangelo scelta per l’occasione è quella della Resurrezione di Gesù.
“Non vorrei essere qui oggi ad accompagnare l’ennesimo giovane figlio di Napoli ucciso senza alcun motivo da un altro figlio di questa città: una mano giovanissima ma già deviata, come tante volte accade, ha colpito senza appello”, dice don Battaglia dall’altare. “Noi siamo immersi nella disperazione… in questa chiesa l’assurdo viene toccato con mano. La chiesa oggi parla al dolore folle di una madre e di un padre, al dolore dei familiari degli amici”. L’arcivescovo aggiunge: “La vita non è solo durata ma intensità e dai racconti che mi sono stati fatti ho potuto capire che questo giovane figlio ha vissuto intensamente nell’arte e nella bellezza. E in Dio”.

