Pubblicato il 2 Ottobre 2023
Il profilo Facebook è inaccessibile.
Dopo le polemiche sul provvedimento col quale, di fatto sconfessando il cosiddetto decreto Cutro, non ha convalidato il fermo di tre migranti tunisini trattenuti nel cpr di Pozzallo, Iolanda Apostolico, giudice civile del tribunale di Catania, ha chiuso la sua pagina social.
Cinquantanove anni, tre figli, originaria di Cassino, ma da 20 anni a Catania, ha dichiarato illegittimo il fermo disposto dal questore di Ragusa sostenendo che fosse contrario alle normative europee e alla Costituzione, riferisce il Corriere.
Una esperienza nel penale da giudice del Riesame delle misure di prevenzione, mai iscritta alle correnti della magistratura, Apostolico è una giudice schiva, seria, apprezzata negli uffici giudiziari. Da tempo lavora nel Gruppo specializzato per i diritti della persona e della immigrazione della prima sezione civile del tribunale di Catania, presieduta da Massimo Maria Escher, con le colleghe Marisa Acagnino e Stefania Muratore. “La mia non è affatto una decisione politica, io ho preso le mie determinazioni solo sulla base del diritto”, ha detto la giudice ai colleghi più stretti dopo le accuse di “sentenza ideologica” lanciate dal centrodestra nei giorni scorso.
Sulle parole della premier Meloni, che su Fb si è detta “basita davanti alla sentenza del giudice di Catania” e ha parlato di “motivazioni incredibili” Apostolico non vuole fare commenti e, appunto, domenica ha chiuso il profilo.
I quotidiani Libero e il Giornale sono riusciti, però, a leggere alcuni suoi post prima della decisione di lasciare il social e hanno riportato che la magistrata seguirebbe su Facebook l’ong Open arms e avrebbe condiviso diverse campagne lanciate da Potere al Popolo contro la destra e una mozione di sfiducia contro il leader leghista Matteo Salvini nel 2018.
Non è la prima volta che la sezione migrazioni del tribunale di Catania finisce nell’occhio del ciclone: mesi fa, tra le polemiche, stroncò il cosiddetto decreto anti-sbarchi del ministero dell’Interno, condannando il Viminale e i dicasteri della Difesa e delle Infrastrutture al pagamento delle spese processuali dopo un ricorso della nave Ong tedesca Sos Humanity. L’imbarcazione si trovava nelle acque di Catania il 6 novembre del 2022.
Oltre 140 profughi a bordo vennero fatti sbarcare subito, altri 35 rimasero sulla nave in forza della legge che vietava alla ong di restare in acque territoriali oltre il tempo necessario a prestare soccorso a chi avesse problemi di salute, alle donne e ai minori. Gli avvocati della Humanity fecero ricorso al tribunale civile di Catania a tutela di chi non era stato fatto sbarcare. E vinsero.
“Dichiarammo Illegittimo il decreto perché contravveniva ai trattati internazionali sui soccorsi in mare e alle direttive europee”, spiega Marisa Acagnino, giudice della sezione e collega della Apostolico. Acagino, criticata allora per la sua appartenenza a Md, la corrente di sinistra delle toghe, si schiera con la magistrata finita ora nell’occhio del ciclone.
“Noi decidiamo secondo scienza e coscienza, e secondo la legge”, dice.
“La collega – spiega tornando sul decreto Cutro- ha disapplicato il provvedimento, tra l’altro, perché questo tipo di trattenimento si può fare in frontiera e in questo caso i migranti erano sbarcati a Lampedusa, poi erano transitati a Palermo e infine erano stati portati a Pozzallo, poi c’era il problema legato alla normativa europea e infine mancava il provvedimento della commissione apposita sulla manifesta infondatezza o inammissibilità della domanda di asilo”.
“L’elenco dei Paesi sicuri, poi – prosegue – è un elenco ministeriale che non vincola il giudice, è un atto amministrativo e per giurisprudenza costante i magistrati non sono vincolati”. “Io sono orgogliosa di essere di Magistratura Democratica – spiega- aderire a una corrente non significa che le proprie idee incidano sulle decisioni o che mi condizionino. Critichino nel merito i provvedimenti”.

