L’ultimo sogno del 25enne era quello di riabbracciare il padre e i suoi familiari prima di morire, perché è stato colpito da un tumore che, purtroppo, non gli darà scampo. E il sogno è stato realizzato grazie al cuore degli abitanti di Vignale Monferrato, il centro in provincia di Alessandria che lo ha accolto, che è diventato la sua casa quando è giunto in Italia.
Una vicenda che ha commosso pure Papa Bergoglio, che nell’Angelus scorso ha condiviso la storia, l’esempio di John e della comunità piemontese che ha fatto scattare subito la gara di solidarietà che ha permesso a John di tornare nel suo Paese: “John, che per arrivare qui ha sofferto tutto quello che soffrono tanti migranti, alla fine si è sistemato nel Monferrato. Ha incominciato a lavorare, a fare il suo futuro, in un’azienda vinicola. Poi si è ammalato di un cancro terribile – ha raccontato il Pontefice -, è in fin di vita. E quando gli hanno detto la verità, cosa avrebbe voluto fare, ‘tornare a casa per riabbracciare mio papà prima di morire, morendo penso al papà’. E quel popolo, quel paese del Monferrato hanno fatto subito una raccolta e, imbottito di morfina, lo hanno messo su un aereo, lui e un compagno, e lo hanno inviato perché potesse morire nelle braccia del suo papà. Questo ci fa vedere che oggi, in mezzo a tante brutte notizie, ci sono cose belle, ci sono dei “santi” della porta accanto”.
“E’ un ragazzo stupendo, solare, intelligente, con tanta voglia di lavorare – racconta Ernesto Fumagalli, attivo nel settore delle associazioni e volontario del Club Unesco di Vignale – A settembre, visto che desiderava guadagnare qualcosa in più, gli ho trovato un posto di lavoro a Imola. Così si è trasferito, ma poco dopo si è sentito male. Gli esami clinici non hanno lasciato spazio a dubbi e speranza: aveva un carcinoma al quarto stadio. Così è tornato a Vignale. In questi mesi difficili è stata Gabriella Gaudio ad aiutarlo, come si fa in famiglia. Poi è arrivato, purtroppo, il tempo del ricovero all’hospice di Casale, dove John ha trovato un affetto speciale da parte di chi si è preso cura di lui. Del resto, è un ragazzo a cui non puoi che volere bene. Gli abbiamo fatto capire che non avrebbe più potuto lavorare, non ne avrebbe più avuto la forza e, a quel punto, mi ha chiesto come avrebbe potuto tornare a casa”.
“Alla fine – conclude Fumagalli – siamo riusciti a mettere insieme tutto. Abbiamo comprato i biglietti aerei e chiamato il cugino di John, che lo ha accompagnato. Era felice, mi ha telefonato appena arrivato in Ghana. Mi ha mandato una foto. Uno splendido sorriso pe tutti noi“.
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