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Coronavirus produzione industriale

Lavoro, allarme Cgia: entro il 2029, oltre 3 milioni di pensionamenti: esodo senza precedenti

Pubblicato il 23 Agosto 2025

Un esodo senza precedenti

Tra il 2025 e il 2029, circa 3 milioni di lavoratori italiani – pari a quasi il 12,5% della forza lavoro – lasceranno definitivamente l’attività lavorativa, principalmente per raggiunti limiti di età. Una quota minore uscirà invece per altre ragioni, come il ritiro volontario, la perdita dell’impiego, l’emigrazione o il passaggio a forme di lavoro autonome.

Secondo lo studio elaborato dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, basato sui dati del Sistema Informativo Excelsior (Unioncamere e Ministero del Lavoro), questo sarà un evento di portata storica per il Paese.

Nel dettaglio, a lasciare il lavoro saranno:

  • 1.608.300 dipendenti del settore privato (52,8% del totale)
  • 768.200 lavoratori della Pubblica Amministrazione (25,2%)
  • 665.500 autonomi (21,9%)

La fuga dal mondo del lavoro

La Cgia avverte: nel giro di pochi anni assisteremo a un vero e proprio svuotamento di uffici e fabbriche. Una “fuga” che rischia di avere pesanti conseguenze sociali, economiche e occupazionali, aggravando le difficoltà già vissute dalle imprese che faticano a reperire manodopera.

Le regioni più coinvolte in termini assoluti saranno:

  • Lombardia: 567.700 pensionamenti
  • Lazio: 305.000
  • Veneto: 291.200

Quelle meno colpite: Umbria (44.800), Basilicata (25.700), Molise (13.800).

Guardando alle percentuali, i settori privati più colpiti saranno in Lombardia (64,6%), Emilia-Romagna (58,6%) e Veneto (56,5%), mentre i meno interessati si trovano in Sardegna, Molise e Calabria.

Settori più colpiti: servizi e costruzioni

Dei 3 milioni di uscite previste:

  • 2,2 milioni (72,5%) appartengono al comparto dei servizi
  • 725.900 (23,8%) all’industria
  • 111.200 (3,6%) all’agricoltura

Particolarmente rilevanti i pensionamenti in:

  • Commercio: 379.600 unità
  • Sanità pubblica e privata: 360.800
  • Pubblica Amministrazione: 331.700
  • Costruzioni: 179.300

Una popolazione lavorativa sempre più anziana

Il problema è strettamente legato al progressivo invecchiamento dei lavoratori. L’indice di anzianità dei dipendenti privati è passato dal 61,2 del 2021 al 65,2 del 2023. Ciò significa che ogni 100 giovani sotto i 35 anni corrispondono 65 lavoratori over 55.

Le cause principali:

  • scarsa presenza di giovani nel mercato del lavoro
  • permanenza prolungata dei più anziani
  • mismatch tra competenze richieste e disponibili

Secondo la Cgia, tra qualche anno la carenza di personale qualificato costringerà le imprese a competere per accaparrarsi i lavoratori migliori, alimentando forti pressioni salariali.

Le regioni con più lavoratori anziani

La regione con l’indice più elevato è la Basilicata (82,7), seguita da Sardegna (82,2), Molise (81,2), Abruzzo (77,5) e Liguria (77,3).

Al contrario, le aree con valori più contenuti sono Trentino-Alto Adige (50,2), Lombardia (58,6), Veneto (62,7), Campania (63,3) ed Emilia-Romagna (63,5). Fonte: LaPresse

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