Pubblicato il 16 Ottobre 2025
Colpi messi a segno con divise e tesserini falsi
Si fingevano agenti di polizia per rapinare laboratori orafi e gioiellerie. La Polizia di Stato di Milano ha arrestato otto persone accusate, a vario titolo, di rapina aggravata, sequestro di persona, porto abusivo di armi, possesso di segni distintivi delle forze dell’ordine e ricettazione.
Le manette sono scattate nella mattinata di mercoledì 15 ottobre, al termine di un’indagine della squadra mobile che ha consentito di identificare i responsabili di due rapine a mano armata avvenute a Milano il 23 febbraio e il 21 marzo 2024.
Il primo colpo: il falso arresto e la fuga con 100mila euro in oro
La prima rapina è avvenuta in un laboratorio orafo di via Lodovico il Moro. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, tre uomini a volto coperto, vestiti con uniformi e distintivi della polizia locale, hanno messo in scena un finto arresto di un complice per guadagnarsi l’accesso ai locali. Un quinto componente del gruppo, invece, faceva da palo all’esterno.
Una volta dentro, i malviventi hanno puntato una pistola contro il titolare e una dipendente, costringendoli a terra e legandoli con fascette da elettricista.
Il gruppo ha poi portato via oro lavorato e gioielli grezzi per un valore di circa 100mila euro, insieme al cellulare del titolare. Prima di fuggire, hanno chiuso a chiave le vittime nei locali del laboratorio.
La seconda rapina: stessa tecnica, nuovo bersaglio
Il secondo episodio si è verificato meno di un mese dopo, il 21 marzo, in una gioielleria di Bollate. Anche in questo caso, i rapinatori hanno utilizzato lo stesso stratagemma, fingendosi agenti in servizio per ingannare le vittime.
Il bottino del colpo è stato di circa 45mila euro in contanti e preziosi. Come nel primo caso, i rapinatori hanno rinchiuso i due presenti nel bagno prima di dileguarsi.
Le indagini e gli elementi chiave
Determinanti per la soluzione del caso sono state le immagini delle telecamere di sorveglianza installate nei pressi dei due luoghi delle rapine. A queste si sono aggiunti tabulati telefonici, intercettazioni e servizi di osservazione, che hanno consentito alla squadra mobile di ricostruire la rete dei responsabili e le loro modalità operative.

