Pubblicato il 25 Novembre 2024
Una badante di Palermo avrebbe circuito un ricco imprenditore italo-americano e il figlio affetto da una grave patologia e avrebbe poi cercato di trasferire all’estero i fondi sottratti ai due uomini, per un valore di oltre 2 milioni di euro. Una cifra “monstre” che è stata confiscata dai finanzieri del comando provinciale di Palermo, come ordinato dalla Procura Generale alla Corte d’Appello di Palermo. La donna è stata condannata con l’accusa di autoriciclaggio e prosciolta, ma solo per avvenuta prescrizione, dall’accusa di circonvenzione di incapace.
La storia dell’imprenditore italo-americano
Le indagini, condotte dalla compagnia di Bagheria tra il 2015 e il 2018, hanno svelato il piano della badante, la quale avrebbe cercato di mettere le mani sul ricco patrimonio di un imprenditore italo-americano e del figlio disabile, erede universale dei suoi beni. Lo stesso imprenditore di origini italiane, titolare di una serie di lavanderie negli Stati Uniti, aveva deciso di tornare in Italia per trascorrere gli anni della pensione e aveva assunto una badante, originaria di Misilmeri, in provincia di Palermo.
L’uomo, tramite un testamento, aveva affidato alla donna il compito di occuparsi del figlio disabile, lasciandole in eredità 31 cespiti immobiliari tra terreni e appartamenti distribuiti nell’entroterra siciliano, ma per alcuni di questi era stato concesso l’usufrutto al figlio finché era in vita. Al figlio l’uomo aveva anche lasciato in eredità importanti polizze del valore di oltre 2 milioni di euro.
L’imprenditore morì nel 2014 e le indagini sono partite dopo le denunce del perito del Tribunale, incaricato di valutare la capacità del figlio di intendere e di volere. Dalla perizia emerse che il giovane non era in grado di attribuire valore al denaro e alle cose che usava, e nel frattempo iniziò a sviluppare un’attrazione affettiva verso la badante, verso il quale era succube.
Il piano della badante
La badante intuì che c’erano in corso delle indagini, quindi cercò di istruire il ragazzo affinché acquistasse un linguaggio forbito e preparato e rispondere alle domande degli inquirenti, dimostrando di essere nelle sue piene facoltà di intendere e di volere e che quindi le donazioni fatte alla donna erano spontanee e volontarie. Le intercettazioni ambientali e telefoniche consentirono di svelare il piano della badante, che aveva trasferito sui propri conti correnti gran parte del patrimonio economico del ragazzo.
Grazie a uno dei figli conviventi, la badante riuscì a reimpiegare le somme sui conti bancari di una società ungherese costituita appositamente, di cui lei era socia unica, per nasconderne la reale provenienza. In seguito la donna avrebbe compiuto altri trasferimenti, anche in paesi extracomunitari, cosa che ha reso più complesso rintracciare i soldi.

