Pubblicato il 21 Agosto 2023
Proseguono le indagini per fare luce sulla violenza carnale a Palermo di cui sono accusati 7 ragazzi, con un’età compresa tra i 18 e i 22 anni, nei confronti di una ragazza 19enne.
La vicenda risale allo scorso 7 luglio e sarebbe arrivata la confessione del più giovane del gruppo, un ragazzo 17enne all’epoca dei fatti, che avrebbe ammesso le sue colpe davanti al gip del tribunale per i minorenni Alessandra Puglisi.
La confessione del minorenne
La violenza si sarebbe consumata in un cantiere abbandonato a Palermo, al Foro Italico, dove i 7 ragazzi avrebbero violentato a turno la 19enne.
Il ragazzo, diventato maggiorenne poco dopo la presunta violenza, avrebbe confessato di aver partecipato allo stupro e, stando ai video, sarebbe stato anche uno dei più violenti.
Il gip Puglisi ha disposto la scarcerazione dell’indagato, che attualmente si trova in comunità, ma la procuratrice per i minorenni Claudia Caramanna ha annunciato che presenterà ricorso dal momento che le accuse nei suoi confronti sono molto gravi per fare in modo che ritorni in carcere.
Oggi saranno interrogati altri 3 ragazzi arrestati e accusati di aver partecipato allo stupro di gruppo.
Le minacce social
Intanto però, come ha riferito Il Messaggero, si starebbe profilando un altro pericolo molto serio: la vendetta trasversale. Sui social infatti sono stati diffusi i nomi, i volti e gli indirizzi dei ragazzi accusati dello stupro e anche dei loro parenti. Il tam tam mediatico ha dato ancora più risalto alla vicenda e diverse persone hanno minacciato i 7 giovani.
Una pratica pericolosa che si sta diffondendo sempre di più, infatti solo poche settimane fa fu organizzata una spedizione punitiva contro Davide Begalli, che ha investito Chris Obeng Abom lasciandolo in strada e andando via senza prestare soccorso.
Tra l’altro sono stati proprio loro a far partire il linciaggio social vantandosi della loro violenza con frasi del tipo: “Eravamo cento cani sopra una gatta, una cosa così l’avevo vista solo nei video porno”.
Sono stati tantissimi i commenti indignati delle persone, anche famose, come Ermal Meta che ha parlato di fallimento del sistema educativo. Di ben altro tenore le minacce di altri utenti, che hanno scritto frasi minatorie del tipo “Vi stiamo cercando per tutta Palermo, siete finiti”, o “Da genitore farei giustizia con le mie mani”.
Nel mirino dell’opinione pubblica ci è finita anche la madre di uno dei 7 giovani indagati, che avrebbe definito la ragazza coinvolta una “poco di buono” e avrebbe definito la vicenda una “ragazzata”. “È tutto racchiuso in questa frase, tutto. Come fai a proteggere tuo figlio dopo che ha stuprato in massa?” – ha commentato un utente.
L’interrogatorio degli altri indagati
Tre dei 7 giovani saranno interrogati oggi per fornire la loro versione e spiegare cosa è successo quella maledetta notte del 7 luglio quando, secondo l’accusa, avrebbero violentato una ragazza dopo averla fatta ubriacare.
La posizione dei ragazzi è già molto critica, poiché c’è la denuncia della ragazza e i referti medici dell’ospedale che confermano la violenza, ma si è aggravata ulteriormente dopo che le forze dell’ordine hanno visionato le telecamere della zona che hanno permesso di ricostruire il percorso del branco dalla Vucciria fino al cantiere abbandonato.
Il mistero dei cellulari
Gli inquirenti stanno indagando anche sui cellulari degli indagati, alcuni dei quali sarebbero spariti. Durante una conversazione captata nella caserma dei carabinieri due indagati arrestati hanno parlato della necessità di nascondere i cellulari, uno dei quali sarebbe stato sotterrato poiché probabilmente conteneva altri video compromettenti.
“Poi me lo scrivi su Whatsapp dove lo hai messo” – avrebbe detto un ragazzo, e l’altro avrebbe replicato: “Cosa, il telefono? Neanche in una pianta è… era in un magazzino pure in un punto sotto terra. Lo sappiamo soltanto io e Francesco. Te l’ho detto, devi sempre avere qualcosa nascosta”.

