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Si, sono stato in Paradiso e ho visto ‘Dio’ con gli scarpini slacciati

Si, sono stato in Paradiso e ho visto ‘Dio’ con gli scarpini slacciati.

Pubblicato il 17 Dicembre 2023

Si, sono stato in Paradiso e ho visto ‘Dio’ con gli scarpini slacciati.

Esattamente è successo nell’autunno del 1984, in un pomeriggio nuvoloso. Lui, ‘Dio’, era già arrivato sotto il sole di Napoli il 5 di luglio ma, io ero impegnato con gli esami di maturità e me lo persi. Allora, però, non ci diedi nemmeno tanto peso a quell’appuntamento mancato.

Per la verità, pochissimi avevano capito l’importanza di quell’incontro; non lo capirono subito, gli intellettuali, gli universitari, i politici, la cosiddetta ‘Napoli bene’. Solo il popolo capì subito: lo aspettarono in 70mila al San Paolo quel 5 di luglio, una folla oceanica come quella che accoglie la ‘fumata bianca’ per l’elezione di un nuovo Papa e, quando lo stadio si svuotò, iniziò la vera partita. Fuori, in tutta la città, in tutto il Sud, in tutta Italia.

Avevo 19 anni e non ero mai stato a vedere un allenamento del Napoli, non mi sarebbe mai passato per la testa nemmeno ma, Marco, così si chiamava un mio compagno col quale giocavo al pallone – come diciamo a Napoli – quel pomeriggio, gli si illuminarono gli occhi, restò con la Peroni a mezz’aria e se ne uscì: “Andiamo a vedere Maradona? Dai tra due ore torniamo a casa”.

Il Paradiso, in effetti, era a un paio di fermate di metro da casa mia. Era a Soccavo il ‘Centro Paradiso‘, lì si allenava il Napoli Calcio dal 1975, la squadra di Antonio Juliano (recentemente scomparso), dove avremmo visto un noiosissimo allenamento, pensavo tra me, e con molta probabilità, ci saremmo pure fracicati di pioggia ma, almeno era gratis, allora non si pagava per vedere gli allenamenti, adesso non saprei.

Fu un si, fortunato, il mio. Adesso che ci ripenso e non so nemmeno bene perché, mi viene in mente questa storia, dopo tanti anni, proprio ora.

Era felice Maradona, aveva gli scarpini slacciati ma non se ne curava: palleggiava, correva, dribblava, come mai avevo visto nessuno. Sembrava come quei bambini quando scartano il regalo che hanno chiesto a Babbo Natale e non stanno fermi un attimo per la gioia.

La palla gli rimaneva appoggiata sulla fronte per un tempo interminabile e muovendo la testa ora a destra, ora a sinistra, la faceva scivolare su una spalla, poi, un colpetto, ed era di nuovo lì, appoggiata in testa.

Imprimeva un effetto rotatorio al pallone e faceva gol, calciando da dietro la porta, perché la sfera rimbalzava all’indietro appena toccava terra.

Qualcuno gli lanciò una bottiglietta d’acqua e lui, invece di prenderla, la stoppò e se la portò alle mani palleggiando, anche con quella. Prima della partitella giocò in porta e non sembrava nemmeno male poi, alla fine, quando tutti erano rientrati, inizio a tirare punizioni da un paio di metri dagli spigoli dell’aera di rigore, con una barriera fatta di sagome. Sempre con i lacci che svolazzavano.

Per i primi tiri ci fu un portiere che, in pratica, guardava la palla che si stampava agli incroci o poco sotto. Dopo, se ne andò anche lui ma, Diego continuò a calciare. Stessa traiettoria anche senza portiere.

Sulla metro del ritorno restammo in silenzio io e Marco ma, sono sicuro che pensavamo tutti e due la stessa cosa. Era la stessa cosa che pensava Napoli, un pensiero che era entrato nel cuore di tutta la città, mi resi conto solo dopo anni. Era qualcosa che nessuna scuola ci aveva insegnato, nemmeno il geniale prof. di filosofia Vasquez, nemmeno la coltissima professoressa di lettere Guida.

Era come se avessimo compreso tutto d’un colpo che se lo vuoi, niente è impossibile. Che persino le leggi della fisica non erano immutabili, che potevamo vincere, qualsiasi fosse la nostra sfida, che se avevamo un talento dovevamo affinarlo con il lavoro duro, che se avevamo un sogno, dovevamo inseguirlo anche in mezzo al fango, sudando e sempre divertendosi, sempre ridendo. Come avevamo visto fare a Maradona, in allenamento, quando si mise a dribblare mezza squadra e una riserva lo fece rotolare in una pozzanghera del Paradiso. Una risata che si sentì anche dalla tribunetta, che sciolse la preoccupazione del difensore, per aver fatto uno sgambetto ad un ‘Dio’ che voleva solo giocare al calcio.