Pubblicato il 27 Luglio 2024
“Mi costa molto essere qui e metterci la faccia ma desidero che quello che è successo a me non succeda ad altri” – così ha esordito la 32enne attivista di Extinction Rebellion, durante la conferenza stampa convocata per raccontare cos’è successo il 9 luglio, quando è stata portata in Questura dalla polizia dopo il blitz ambientalista a Palazzo d’Accursio per protestare contro il G7 Scienza e Tecnologia che si è svolto al Tecnopolo.
Il fermo e il trasferimento in Questura
Secondo il suo racconto, la ragazza non era tra i manifestanti che si erano legati con un lucchetto all’ingresso del palazzo comunale in segno di protesta, mentre altri provavano a srotolare uno striscione sulla torre dell’orologio. Proprio qui la tensione stava salendo, quindi ha deciso di salire sulla torre per mediare tra polizia e attivisti ed evitare che la situazione degenerasse.
Un agente l’ha bloccata per quasi un’ora, per poi portarla in Questura con l’accusa di manifestazione non autorizzata. Lei ha dichiarato di non aver opposto resistenza e di aver mostrato i documenti come richiesto, ma le sarebbe stato impedito di fare una telefonata, secondo il suo racconto.
La denuncia dell’attivista: “Ho subito un abuso”
L’attivista ha detto di essere stata portata con altre persone in una camera di sicurezza, dove sono stati sequestrati tutti i telefoni. Ai ragazzi sono state svuotate tutte le tasche, mentre lei sarebbe stata perquisita da un’agente donna che le avrebbe chiesto di togliersi maglietta e gonna.
“Mi sono trovata in mutande e reggiseno, mi hanno dato fazzoletti dove appoggiare i piedi dopo essermi tolta le scarpe. È qui che ha detto ‘guarda che devi rimanere nuda’ spiegando come fosse una forma di perquisizione ordinaria e che tutte venivano perquisite in quel modo” – ha rivelato la 32enne, che quindi si è dovuta togliere mutande e reggiseno e poi piegarsi in avanti dopo essersi girata di spalla.
Dopo la perquisizione ha incontrato 10 attivisti, fermati anche loro, ai quali ha chiesto se fossero stati perquisiti ma nessuno ha risposto. “Ho realizzato in quel momento di aver subito un abuso perché solo io sono stata sottoposta a quel trattamento. Ho pianto, cercato di riprendere le forze e di chiedere spiegazioni di quanto successo” – ha rivelato la donna. In ogni caso la Questura ha precisato che la ragazza ha subito un trattamento diverso dagli altri solo perché ha rifiutato di farsi perquisire, aggiungendo che tutto si è svolto entro i limiti e nel rispetto della legalità.
Il verbale
Dopo la perquisizione la 32enne ha spiegato che è stata fotosegnalata e che la polizia le ha preso le impronte digitali. Ha detto di aver chiesto di poter chiamare più volte il suo fidanzato perché impaurita, ma le è stato risposto che poteva farlo solo mettendo il vivavoce. A quel punto ha optato per un messaggio scritto, dopodiché è stata chiamata insieme agli altri per firmare i verbali. Nel suo c’era scritto: “Non mi avvalgo di qualcuno che mi assista, né che c’erano note aggiuntive. Non ho firmato niente”.

