Pubblicato il 17 Giugno 2023
“Quanto deve pagare ancora? Dopo 50 anni di carcere e una condizione di salute precaria, anzi peggio”.
Così Antonella D’Agostino, l’ex moglie di Renato Vallanzasca, al quale recentemente è stata negata la detenzione domiciliare in una struttura per essere curato.
La donna ha inviato una lettera all’Ansa in cui ricorda che l’ex marito “ha vissuto otto anni in semilibertà e poi ai domiciliari senza fare niente di male. Rifiutare le misure alternative a Renato Vallanzasca significa non solo condannarlo al carcere a vita, cosa che già è avvenuta e all’impossibilità di vivere uno stralcio di normalità, ma anche umiliare un uomo ormai ridotto all’ombra non di quello che era, ma di quello che tutti hanno pensato che fosse”.
“E quando portò via quelle mutande dal supermercato capii che nel suo cervello qualcosa aveva cominciato a non funzionare”.
“Da fuori ho sofferto ogni volta che ho visto quelle sue smargiassate che lo hanno reso il ‘Bel Renè’ soprannome che ha sempre odiato ma siccome faceva figo se lo è tenuto”, continua Antonella D’Agostino.

Che conosce l’ex marito da quando erano bambini e chiede: “Quanto deve pagare ancora perché possa morire in pace? E sia chiaro non da uomo libero, ma affidato a una struttura. Ormai lo avete piegato per sempre. Dimentichiamo gli occhi azzurri e il suo fascino. E’ l’ombra di sé stesso. Una larva umana. Che forse merita un po’ di pietà. A meno che 50 anni di carcere vi sembrino pochi”.
Renato Vallanzasca, è uno dei più famigerati e raccontati criminali italiani, responsabile tra gli anni Settanta e Ottanta di omicidi, tentati omicidi, rapine, sequestri, lesioni, associazione per delinquere ed evasioni: reati gravissimi per i quali è stato condannato a quattro ergastoli più altri 294 anni di carcere.
Ha 72 anni, 50 dei quali. appunto, e ne ha trascorsi in carcere. Tuttora è detenuto nel carcere milanese di Bollate: il tribunale di Sorveglianza gli ha negato l’accesso alla libertà condizionale o, in subordine, al regime di semilibertà, richiesto dai suoi avvocati Corrado Limentani e Paolo Antonio Muzzi. La decisione è stata presa nonostante la Procura generale avesse dato parere positivo.

