Rovigo, il panettiere evasore: “Ho sbagliato, ma vi spiego perché l’ho fatto”

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“Lavoro da quando avevo 10 anni e papà mi ha insegnato il mestiere. Lui era bravissimo: la mattina davanti al negozio si formavano code di clienti per comprare il suo pane, considerato il migliore. Poi la gestione è passata a me e ai miei due fratelli. Uno di loro ha mollato nel 2011, preferendo un contratto da dipendente: la vita da imprenditore gli dava troppi grattacapi. L’altro fratello, invece, è morto quindici anni fa in un incidente d’auto. E così sono rimasto l’unico titolare”.

Così Emanuele Lavezzo, il panettiere 51enne smascherato dalla guardia di finanza di Rovigo.

Dal 2019 al 2021 non ha presentato alcuna dichiarazione fiscale, mai un soldo di Iva. E per non pagare le tasse arrivava a emettere una raffica di scontrini con importi da zero-virgola. Le Fiamme gialle hanno ricostruito il volume d’affari del negozio, scoprendo che avrebbe evaso introiti per circa 350 mila euro, ricostruisce il Corriere, che lo ha intervistato.

Appesa alla parete del Panificio Lavezzo di Badia Polesine, in provincia di Rovigo, c’è una vecchia foto che ritrae due uomini sorridenti, in posa davanti al forno: “Quello a sinistra è mio padre. Quando vado a trovarlo al cimitero, gli dico: papà, ho combinato un casino…”. 

Lavezzo è descritto come un omone con gli occhi lucidi e le mani sporche di farina, che ripete che gli dispiace, che ha sbagliato, che non lo farà mai più. E che prova pure a giustificarsi dietro alle disgrazie che gli hanno segnato la vita, ai lutti, alla sfortuna, perfino al Covid “che ha messo in ginocchio gli affari”: difficile capire se le cose siano andate davvero così, o se, almeno in parte, stia recitando un copione buono a muovere a compassione la clientela ma non certo l’Agenzia delle entrate.

Di certo per anni è stato un fantasma per l’erario: le famiglie facevano la spesa, lui incassava, e intanto lo Stato rimaneva a bocca asciutta.

“È vero, purtroppo – ammette il negoziante ora, è sull’orlo del fallimento – Il negozio è finito all’asta, ho avuto dei problemi con le banche. Ci mancava solo il controllo della guardia di finanza… Ma chi li ha mai visti 350mila euro? Spero almeno di scendere a patti con l’Agenzia delle entrate, perché mi faccia uno sconticino…”.

Il panettiere racconta la sua versione di come è diventato un evasore totale. Giornate impegnative: “Mi sveglio all’una di notte, faccio il pane, le consegne, e lavoro fino alle 15. Poi dormo qualche ora, e alle 18 riapro il negozio perché gli operai staccano dalle fabbriche e si fermano a mangiare la pizza”. 

Ora giura di aver beffato il Fisco solo per qualche anno. “Nel marzo del 2020 è morta la mia compagna e io sono andato nel pallone. Fino a quel momento era stata lei a gestire la contabilità, mentre io mi occupavo della produzione. Quando è venuta a mancare, sono crollato: non riuscivo a tenere tutto sotto controllo e nel giro di poco la situazione mi è sfuggita di mano. È lì che ho smesso di pagare le tasse…”.

E gli scontrini da pochi centesimi? Lavezzo scarica la colpa sulla commessa che per qualche tempo gli ha dato una mano in negozio: “Quando mi sono accorto di quello che combinava col registratore di cassa, mi sono arrabbiato, le ho chiesto se era matta”. Chissà. Di certo c’è che il panettiere era ben consapevole del disastro cui stava andando incontro: “L’ho detto anche ai finanzieri: a un certo punto mi sono ritrovato a dover scegliere se mettermi in regola col Fisco o pagare i fornitori che mi consegnano la farina, lo strutto, l’olio… Ho scelto loro”. Ora dice di essersi pentito. “Anche se mi pareva di non avere alternativa, ho sicuramente sbagliato”, ammette ancora.

Si asciuga gli occhi, prende in mano alcuni pezzi di pane: “D’ora in avanti, lo prometto, farò sempre lo scontrino”. 

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Redazione Nazionale

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